Non è il film di Dario Argento, ma il tema di cui si discute dopo i comunicati e i lanci di agenzia sul bilancio Fir 2015. Perché un bilancio è come un libro giallo: si va subito all’ultima riga.
I conti chiudono con 2,2 milioni di euro di perdita, ma, stando alle notizie e senza il conforto del dettaglio dei conti ufficiali, pare di scorgere tre ragioni di fondo del segno meno.
La prima: l’iscrizione nel bilancio 2015 di una tranche – 1 milione di euro – di contributi alle Zebre, effettivamente versata nel trascorso esercizio anche se riferibile alla gestione del secondo semestre dell’anno sportivo 2015/2016 (e quindi, come dicono i ragionieri, “imputata per cassa” e non “per competenza”). Di conseguenza si dovrebbero alleggerire di pari importo i conti che chiuderanno il 2016.
La seconda: lo stato di insolvenza in cui versa un canale televisivo debitore verso la FIR per diritti tv, che verosimilmente “andranno in cavalleria”.
E fino a qui, parliamo di gestione ordinaria, corrente.
Poi c’è la terza ragione, ovvero una sopravvenienza passiva finalizzata a iscrivere l’accantonamento al Fondo di Solidarietà, per i giocatori vittime di gravi infortuni, deciso prima ancora che l’Italia entrasse nel 6 Nazioni ma mai formalizzato negli anni successivi; la gestione, de facto, di questo fondo ha concorso nei bilanci passati alla formazione del reddito, incrementando quindi le riserve, ma ora la si è dovuta ufficializzare, senza poter pescare, per motivi tecnico- contabili, direttamente dalle riserve stesse.
Si tratta quindi sostanzialmente di questioni contabili, questi paiono, in mancanza di altri riscontri, gli unici elementi concreti di analisi; il resto, su come sono stati reperiti e spesi i denari, richiama soltanto una famosa canzone di Mina.
Flavio Gnecchi*
* Flavio Gnecchi, presidente della cooperativa editoriale Ruck and Mole è professore ordinario di Economia e Gestione delle Imprese all’Università di Bicocca a Milano
Nella foto, il Consiglio Federale riunito ieri a Bologna.