Un paio di giorni fa, Maro Itoje ha accolto sul suo vecchio campo, a St Albans (“qui giocavo con un pubblico attorno ai 100 spettatori”), l’inviato del Guardian e ha parlato a lungo. Chi si abbevera ai giocatori (di calcio) del nostro campionato, potrebbe provare inquietudine, forse timore: Maro non ricorre ad alcun repertorio di banalità, non evita le domande, non lascia con un pugno di mosche. Incidentalmente, oltre che della scrittrice nigeriana Ngozi Adichie, del poeta protoromantico William Wordsworth, dei problemi del terzo mondo, della complessità che sente addosso e dentro (“sono un londinese del nord ovest della metropoli ma sono anche un africano”), parla anche di rugby, precisando che non è tutto, che non è il mondo. Un’altra precisazione prima di aprire al suo virgolettato: Maro avrà 22 anni il 28 ottobre.
“La finale di Champions è sempre più vicina e i Saracens sono affamati: capita di avere la bocca umida quando un obiettivo si allontana all’ultimo momento, ed è capitato due volte in queste due ultime stagioni. Per me, un periodo denso: la partita di Lione e poi ancora in campo il 28. In mezzo, il 25 maggio, un esame impegnativo. Il mio impegno all’istituto di studi africani e orientali va avanti, mi assorbe, mi porta a approfondire e a combattere gli stereotipi sull’Africa. Secondo uno di questi, l’Asia produce, ha tracciato una via di sviluppo mentre l’Africa è inerte, abbandonata al suo destino. Eppure esistono in Cina e India sacche di povertà che interessano popolazioni più grandi di tutte quelle che abitano l’Africa. Credo che uno dei problemi, in questo senso, sia dovuto alla scarsa percezione che si ha di quel continente che visito da quando aveva 14 anni tornando con i miei in Nigeria. Quando sono andato a studiare ad Harrow, ho potuto notare che, a parte la storia del commercio degli schiavi, l’apartheid e il processo di decolonizzazione, dei problemi e delle realtà odierne poco o nulla è conosciuto e fatto oggetto di studio, di approfondimento”.
La percezione che ci troviamo di fronte al nuovo Alì è sempre più forte. Kalos kai agathos, dicevano i greci, bello e buono, nel senso dell’aspetto e dell’animo.
G. Cim.
Maro Itoje in allenamento con i Saracens (David Rogers/Getty Images)