Lassù certe ricorrenze non sfuggono: Saracens v Wasps andrà in scena il 23 aprile, giorno di San Giorgio, patrono d’Inghilterra presente in un impressionante repertorio iconografico e araldico mentre con un colpo di lancia sistema il drago.
E la primavera inglese, come scriveva Shakespeare nell’incipit di Riccardo III, dopo l’inverno del loro scontento. Il giorno dopo, al City Ground di Nottingham, le Tigri di Leicester proveranno a prendere lezioni dall’eroe locale, Robin Hood, per trasformare Dan Carter e il resto del Racing in tanti San Sebastiani traforati di frecce e dall’espressione dolente.
Anche in questo caso si finisce per essere soccorsi dal voluminoso almanacco dei santi: il 24 aprile viene ricordato Sant’Alessandro di Lione. E dove si gioca la finale della Champions? A Lyon che, con un’ardita distorsione di pronuncia, potrebbe risultare Laion: se San Giorgio è il patrono, l’animale più consueto in cui imbattersi, a cominciare da Trafalgar Square, è il leone, di solito fuso o scolpito in composta posizione di attesa, ma pronto ad accendersi, a lanciare il ruggito. Roar.
Sette mesi fa l’Inghilterra ha avuto la sua Dunkerque ovale.
Sbaragliata, costretta alla rotta, perdipiù su suolo patrio. E proprio come tre quarti di secolo fa, capace di rimettersi in piedi in fretta. Prima, il Grande Slam che mancava dal tempo in cui sul ponte di comando era chi assomma il nome del conquistatore dell’ India (Clive) a un cognome (Woodward) con la stessa iniziale di Wellington.
Ora, tre su quattro nelle semifinali della ECC, nell’ennesima riedizione di una rivalità con i francesi che pesca nelle profondità del tempo e della storia e che, giusto un anno fa, ha registrato i 600 anni di Azincourt e i 200 di Waterloo. Per gli inglesi, giornate fauste; per i francesi, ricorrenze da associare ad altre rese senza condizioni, come a Sedan.
Chi non manca di stilare statistiche si è accorto che, rispetto alla passata stagione (pareggio nei confronti tra inglesi e francesi), quest’anno il bilancio è di 10-7 per chi sta al di là della Manica.
Come hanno fatto a risollevarsi? Con un forte apporto di forze provenienti dall’ex-Impero (australiani, neozelandesi, sudafricani, isolani del Pacifico), con un aumento del salary cap, con un ingresso di capitali da diritti televisivi che per noi possono prendere le sembianze di quelle cifre di cui si compiace Paperone solcando come un guizzante pesce la distesa di monete del Deposito numero 1. E con il solito orgoglio, naturalmente.
Per il 14 maggio, data del faccia a faccia finale nella roccaforte degli chef stellati, le quote danno favorita l’accoppiata Saracens-Racing, che tradotto è Londra contro Parigi, ma qualcuno, ricordando di quanto choc anafilattico possano produrre le Wasps (battuta la collezione di figurine del Tolone nella fase a gironi, travolti i Saracens a casa loro), sono pronti a puntare su uno scontro decisivo tra i pungiglioni e gli artigli delle Tigri. Non sarebbe una finale inedita (già vista nel 2007) e coronerebbe l’annata magica di Leicester, ovale e tonda.
G. Cim.
Nella foto di David Rogers/Getty Images, un attacco dei Leicester Tigers guidato da Harry Thacker.