
L’Italia, comunque vada a finire il quinto e ultimo giorno del Torneo delle Sei Nazioni 2025, non “vincerà” un altro cucchiaio di legno. Detto ciò, specifico che quanto seguirà per argomentare tale affermazione non ha alcun valore normativo, non si basa su un regolamento (che non esiste): sono spiegazioni che valgono esattamente quanto quelle di chi sostiene l’opposto, ovvero che l’Italia meriterà il Cucchiaio se il Galles la scavalcherà grazie ai punti di bonus. Essendo una questione di tradizione e non di regolamenti, ognuno può giustificare come meglio è capace la propria rispettabile scelta. Meglio se senza sicumera e senza pretendere di avere ragione ché qui non siamo di fronte al risultato di un’equazione, anche se la matematica ha un suo ruolo nella storia. Cucchiaio a chi le perde tutte? Cucchiaio a chi arriva ultimo?

CONCLUSIONI
Metto subito le conclusioni a beneficio di chi non ha tempo per leggere il resto, di chi non ha avuto il tempo di sfogliare qualche libro sulla materia, di chi scrive di rugby e del Sei Nazioni prendendo la via più comoda. Arriva il Torneo più antico del mondo? Parliamo a spanne del cucchiaio di legno, qualche clic lo farà. Un po’ come succede quando sbarcano gli All Blacks e si sbriga la faccenda raccontando l’Haka. Ecco fatto, il compitino da 6 meno meno è completato, perché affannarsi a studiare, a fare ricerche, comparazioni? Perché non leggere qualche testo e scoprire che questo insistere, battere e ribattere sul cucchiaio è di fatto un vezzo paradossalmente soprattutto italiano che sulla nostra stampa fa man bassa di titoli e articoli quando invece rappresenta una minima parte della Storia di un Torneo che dal 1883 ad oggi è stato fermato del tutto solo dalle due guerre mondiali?
Allora dalla parte di chi ipotizza un altro possibile cucchiaio azzurro ecco chi non si cura dello spirito del rugby e del Torneo più antico del Mondo; della sua affascinante Storia e delle sue tradizioni che attraversano tre secoli; di giocatori e di fedeli negli stadi; di libri anglosassoni, francesi e italiani; di grandi scrittori e cronisti del passato e del presente, di buona parte della stampa internazionale e nazionale. Ecco chi, inoltre, sostiene le sue tesi citando siti web sorti da un battito di ciglia (in comparazione alla Storia del Torneo) e al più, supremo sforzo, Wikipedia. D’ora in poi, per brevità, i masocucchiaisti, definizione adatta in particolare agli italiani che fanno parte di questa schiera.

ULTIMA POSIZIONE
Per costoro è presto detto: il cucchiaio va a chi arriva ultimo anche se ha vinto una o più partite. È così perché è scritto anche nel “sito ufficiale” del Torneo. Vero, anche se poi l’incipit del “testo ufficiale” recita: “Le origini esatte del cucchiaio di legno sono avvolte dal mistero”. Non un granché per cominciare. Segue uno striminzito fraseggio sull’importanza di arrivare primi o di evitare di arrivare ultimi. Molto profondo e argomentato. Non è mai citato un regolamento che in realtà non è mai esistito. Per di più questo sito è quello voluto a beneficio dello sponsor ovvero dell’ultima in ordine di tempo entità aziendale che dal 1993 ha via via snaturato la meravigliosa unicità del Torneo portando a situazioni assurde e paradossali che nulla c’entrano con lo spirito del rugby. Sotto spiegheremo meglio.
Ma i masocucchiaisti incalzano: “Anche la stampa anglosassone dice che il Galles può ancora evitare, grazie ai bonus, il cucchiaio di legno”. Vero anche questo, ma dev’essere la stessa stampa, in particolare quella gallese, un filino di parte, che dopo il successo azzurro al Principality Stadium aveva scritto in maniera perentoria che l’Italia aveva “evitato il Cucchiaio”.
“Ma anche giornali e siti web italiani sono in linea con quella stampa anglosassone” viene detto ancora. Beh, non è vero, non è un fronte comune: ci sono altrettanti media italiani che dicono il contrario e che danno al tema il peso che merita rispetto alla Storia del Torneo: molto poco.
L’INIZIO DELLA STORIA: 3 KO SU 3 VALGONO IL PRIMO CUCCHIAIO
Facciamo in fretta con la parte leggendaria della Storia: dalle parti dell’Ottocento, a chi prendeva i voti più bassi al Cambridge Mathematical Tripos (il corso di matematica) veniva solennemente consegnato un cucchiaio di legno (Wooden Spoon), sempre più decorato, sempre più grande. Il messaggio era chiaro: caro studente universitario, meglio cuoco che matematico. WS sono anche le iniziali invertite di SW (Senior Wrangler): titolo per il miglior studente di matematica. Cucchiaio poi, di lì a poco, appioppato anche all’equipaggio dei “remi” universitari che arrivavano ultimi nelle gare di canottaggio. Però in entrambi questi scenari è lampante chi sia il peggiore, non vi sono dubbi e incertezze, l’ultimo è l’ultimo. Un dettaglio importante nella storia successiva del Cucchiaio.
Si arriva alla seconda edizione del Torneo, 1884, quando si dice – si legge in qualche sito che non cita però fonti – che l’ala inglese William Bolton regalò agli irlandesi, ultimi arrivati, un cucchiaio di legno per formaggiai che aveva comprato durante una vacanza nei Grigioni svizzeri. In realtà, annuari di carta alla mano, non esiste un’ala inglese con quel nome che appartiene a un avanti scozzese che giocò però nel 1876 quando il Quattro nazioni ancora non esisteva. C’è però l’ala inglese Wilfred Bolton che giocò effettivamente nel 1884. Sarà stato lui?
Nel libro “Rugby Football” dell’arbitro Francis Marshall (1892, ristampato nel 2015, un commovente capolavoro) si spiega che nell’Home Championship (il 4 Nazioni) appunto del 1892 i gallesi hanno meritato il cucchiaio di legno perché hanno perso 3 partite su 3”. Altri siti dicono che il primo cucchiaio venne consegnato al Galles nel 1894.
Insomma, di cose certe ben poche, se non un dettaglio granitico che dovrebbe far pensare i masocucchiaisti: sia Irlanda sia Galles in quelle tre edizioni del Torneo arrivarono ultimi senza avere vinto alcuna partita, il libro di Marshall è esplicito al riguardo. Il “cucchiaio trofeo ignominioso” (prima citazione del South Wales Daily Post) sarebbe stato in giro fino al 1904 poi la scomparsa, forse in castello delle isole Orkney. Degna fine di un bel racconto. Nel 1910, quando a Cambridge cadde definitivamente la tradizione del cucchiaio per lo studente più scarso in matematica, furono alcuni cronisti inglesi a usare con maggiore frequenza il termine Wooden Spoon nello sport. Un cucchiaio di legno, infine, è effettivamente esposto nel Museo di Twickenham, ma risale a una iniziativa filantropica del 1984.
COSA DICONO LE FONTI
Qualcuno può mettere in dubbio l’autorevolezza di chi viene citato qui sotto? Meglio Wikipedia? Meglio il sito dello sponsor del Torneo?
Luciano Ravagnani e Pierluigi Fadda nel libro Storia del Rugby italiano dalle origini a oggi (ultima edizione 2007): “Cucchiaio a chi le perde tutte”.
Francesco Volpe e Paolo Pacitti nell’Annuario giunto alla XXX edizione: “Cucchiaio a chi le perde tutte”.
Marco Pastonesi ed Enrico Pessina nel libro “Il Sei Nazioni” (2005): “Cucchiaio a chi le perde tutte”.
Per inciso quei nomi hanno rappresentato o rappresentano anche, tra gli altri, i quotidiani Il Gazzettino, Il Corriere dello Sport e la Gazzetta dello Sport. Lo stesso ha sempre sostenuto Il Messaggero. E alcuni di quei testi risalgono a prima del 2000, quindi non possono essere tacciati di favoritismi all’Italia.
Eh, ma sono italiani. Ok, allora sentiamo i francesi:
L’Equipe, il quotidiano sportivo considerato più autorevole del mondo (20 febbraio 2025): “Battendo il Galles gli azzurri eviteranno quest’anno il cucchiaio di legno”.
Henry Garcia nel libro “La fabuleuse histoire du rugby” (ultima edizione 2003): in 734 pagine di questo volume fondamentale è difficile trovare qualche riferimento al cuillèere de bois. Nell’indice non c’è.
Inutile aggiungere altre fonti, In Francia, si sa, vale: “Cucchiaio a chi le perde tutte”.
Eh, ma sono francesi che ce l’hanno con gli anglosassoni. Ok, allora sentiamo gli inventori del rugby.
The Encyclopedia of Rugby Union di Donald Sommerville, 2001: nell’indice ci sono Grand Slam e Triple Crown ma non Wooden Spoon.
Rugby-A way of life, di Nigel Starmer Smith, 1986: non c’è traccia di Wooden Spoon.
The World of Rugby, di John Reason e Carwyn James: non c’è traccia di Wooden Spoon.
Centenary History of the Rugby Footbal Union, di Titley e McWhirter, 1970: non c’è traccia di Wooden Spoon.
A Rugby Compendium di John M.Jenkins: in quello che è appunto un fantastico e smisurato compendio di migliaia di libri di tutto il mondo sul rugby compare la citazione del libro “The Wooden spoon Society”, noto ente filantropico creato nel 1983. Nessuna citazione su come si assegna.
Ira World Rugby Yearbook 2007 (ha preso il testimone della “bibbia” Romans Rugby Yearbook): in 577 pagine di risultati e testi corpo 7 nemmeno una scheggia di Cucchiaio.
Questi sono solo alcuni dei libri scelti fra quelli a carattere di enciclopedia e repertorio. Del Cucchiaio di legno, insomma, agli anglosassoni sembra interessare ben poco.
FRENESIA
Ma allora che cos’è questa frenesia che i masocucchiaisti soprattutto italiani hanno per il cucchiaio? Non so, chiedetelo a loro, chiedete anche se hanno letto qualche libro di Giuseppe Tognetti, del già citato Ravagnani, una qualche storia dell’Impero Britannico così da tentare di capire meglio lo spirito del gioco inventato ed esportato in tutto il mondo dagli inglesi. Vero è che la stampa anglosassone in questi ultimi anni ci dà giù di brutto e ancora di più molti dei siti sempre al di là della Manica, in particolare quando a tiro di Wooden Spoon ci sono italiani e francesi. E poi è una questione di misura: fra le centinaia di articoli che la stampa anglosassone dedica a ogni turno del Sei Nazioni può essercene qualcuno sul wooden spoon, in Italia spesso si registra l’opposto: il Cucchiaio domina come se dopo 26 anni di Torneo non si potesse tentare di alzare il livello della cronaca.
Da che mondo è mondo la Storia la scrivono i vincitori, ma non è obbligatorio adeguarsi in maniera supina. I francesi, ad esempio, non si adeguano all’interessata ipocrisia anglosassone e non vedo perché noi italiani dovremmo fare diversamente.
IL PUNTEGGIO
Ricapitolando: dal 1883 al 1993 non era applicata la differenza punti fatti/subiti e quindi a volte si arrivava a pari merito senza che ci fosse sempre un solo ultimo (o un solo primo). Addirittura nel 1973 sono arrivate prime (o ultime) tutte le 5 nazioni con 4 punti ciascuna: a chi dare il cucchiaio? Chi ha vinto il Torneo? E che dire a quei siti, vedi Wikipedia, che si sono messi a ricalcolare tutte le classifiche pre 1993 spulciando le differenze punti per assegnare a posteriori titoli in solitaria e cucchiai? Un calcolo assurdo perché i giocatori di quelle partite mica hanno combattuto tenendo in testa quisquilie come la differenza punti. Non sarebbe più giusto, allora, continuare ad assegnare il cucchiaio solo se si perdono tutte le partite allineandosi alla storia complessiva del torneo. Provate a dire agli inglesi: “Come mai vi assegnate solo 6 cucchiai quando invece siete arrivati comunque ultimi molte più volte?”. In realtà, prima di questi ultimi anni ormai strillati sul web e sui titoli dei masocucchiaisti soprattutto italiani, il tema wooden spoon restava quello per cui era nato: una burla.
Se si studia la storia del 4 Nazioni dal 1883, del 5 Nazioni dal 1910 e del 6 Nazioni dal 2000 (inclusione dell’Italia) si capirà meglio.
In mancanza di un regolamento su questo tema figlio della tradizione ci sarebbe solo da applicare il buon senso: per 110 anni, fino al 1993 appunto, non veniva assegnata alcuna coppa al vincitore, poi per gratificare e dare visibilità allo sponsor l’hanno introdotta iniziando a usare la differenza punti perché la coppa poteva andare appunto solo a una squadra.

MARKETING
Ma se si legge la storia del torneo e del suo spirito si comprenderà che dal 1993 con quella coppa è iniziata una forzatura legata solo al marketing. Non bastava la Calcutta Cup? Non è magnifica l’eterea leggerezza del Grande Slam? Ci voleva proprio una coppa da sollevare come in tutti gli altri tornei del mondo? E sono sempre gli sponsor a sostenere i siti “ufficiali” del Torneo con le classifiche del wooden sponi come se venissero applicati regolamenti. Patetica, dal 2007, pure la trasformazione del trofeo immateriale (e quindi meraviglioso) della Triplice Corona in un triste piatto di argento che prende polvere nelle bacheche della squadra anglosassone che ha battuto le altre tre.
La meraviglia del 4/5/6 Nazioni, l’unicità che lo distingueva dalle altre competizioni era basata sulle posizioni ex aequo in classifica: chi, fra i giocatori e gli spettatori si sentiva sminuito da un primo posto ex aequo? Forse che erano state meno avvincenti le partite che avevano portato a quel risultato?
ARTIFICI CONTABILI
Insomma fare ovvero rifare classifiche a posteriori, classifiche che per oltre un secolo hanno tenuto solo i giornali perché alle stesse federazioni non interessava (non c’era nemmeno un comitato organizzatore) non pare storicamente corretto. Per la stragrande maggioranza della storia del Torneo si è giocato solo per vincere senza tenere conto della differenza punti fatti/subiti e personalmente non è mi è mai piaciuta l’introduzione di quel criterio nel 1993 così come quello nel 2017 dei bonus australi che hanno ancor di più omologato ad altre competizioni questo torneo unico nel suo spirito. Bonus a nulla in un torneo basato solo su 5 partite di sola andata. Posso capire in un lungo campionato, ma non in 5 match in cui contano anche, ad esempio, le condizioni meteorologiche, la situazione del prato.
I CASI PARADOSSALI/1 INGHILTERRA
Ricordate la faccia da funerale degli inglesi quando hanno vinto il torneo nel 2001 pur perdendo l’ultimo match a Dublino? Il capitano Martin Johnson ha fulminato con uno sguardo chi gli stata porgendo il trofeo che è restato miseramente sul tavolo. Manco hanno sollevato la coppa, gli inglesi si vergognavano di esibire il manufatto per gli sponsor dopo una sconfitta così bruciante. Il Torneo fa storia a sé ed è magnifico per questo.

I CASI PARADOSSALI/2 FRANCIA
E il caso del 2007 che riecheggia scenari dei giorni nostri? All’ultimo turno l’Irlanda sbarca a Roma sapendo che deve fare più punti possibili per strappare la vittoria del Torneo alla Francia: missione compiuta, nel pomeriggio al Flaminio i verdi vincono 24-51. Solo che Francia-Scozia si gioca la sera e così i Bleus sanno che devono battere la Scozia con almeno 23 punti di margine. L’80’ scocca quando alla Francia mancano ancora 3 punti e solo con il tempo in rosso arriva la meta di Vermeulen (46-19) che dà alla Francia il Trofeo grazie alla differenza punti. È leale questo modo di fare? Se si vogliono fare giocare le partite sfalsate per esigenze televisive va bene, ma questo non deve risultare un vantaggio per qualcuno. Non è questo lo spirito del rugby.
I CASI PARADOSSALI/3 ITALIA
L’abominio del punteggio australe ha già fatto danni dal 2017 in poi, ma mai come quest’anno. Dunque ci si era accorti che una squadra che vince 5 partite su 5 potrebbe arrivare dietro a una squadra che ne vince 4 con bonus e quindi si fu costretti a introdurre il superbonus di 3 punti per chi le vinceva tutte. Peggio la toppa del buco, in quanto a spirito ovale. Punteggi ideati “per lo spettacolo” che si rivelano arzigogoli contabili. Superbonus che peraltro non è mai servito. Ma davvero una partita del Sei Nazioni ha bisogno di questo doping del punteggio? Non vi sembrano tutte e sempre finali? E poi il paradosso che in mezzo a tutta questa modernità rispuntano in classifica le posizioni ex aequo: se non vale la differenza punti, se non vale la differenza mete, le squadre arrivano alla pari senza tenere conto dello scontro diretto.
DOPO IL BONUS, IL MALUS
Un abominio come quello possibile in questi giorni: il Galles, già battuto dall’Italia, potrebbe scavalcarla grazie ai bonus pur perdendo tutte le partite. Ma che assurdità! Possibile che una squadra sempre KO sia meglio della squadra che l’ha battuta? Allora, cervelloni che organizzate il Torneo, introducete anche il Malus: se le perdi tutte allora via a tutti i punti di bonus. Sì, è vero, suona malissimo, anzi lo è proprio. Ma non meno di quanto potrebbe accadere sabato in cui ancora lo sfalsamento orario dei match offre vantaggi a chi gioca dopo i rivali diretti.
IL WHITEWASH
Ecco infine un termine che riecheggia parecchio nella bocca dei masocucchiaisti degli ultimi anni. Nei libri citati prima il termine appare poco o punto e in realtà chi segue il Torneo da qualche decennio ne aveva sentito parlare ancora meno. L’avete mai sentito pronunciare da Paolo Rosi? Arriva dal mondo del cricket e solo in questi ultimi anni è dilagato nel Sei Nazioni. “Chi le perde tutte ha il whitewash – strillano i modernisti – che arriva ultimo ha il Cucchiaio”. Finora non c’erano state sovrapposizioni (che le ha perse tutte era sempre ultimo) ma adesso che accadrà? Avremo il White wash che più bianco non si può (solo sconfitte e niente bonus, ultimo posto solare e Cucchiaio) oppure arriverà il whitewash che ha sbagliato candeggio e che tanto bianco non è più da non valere l’ultimo posto in classifica come vorrebbe invece la logica e lo spirito del Torneo? Boh, pare tutto molto triste.
Allora a chi va il Cucchiaio? A chi le perde tutte o a chi arriva ultimo? Ora avete qualche elemento in più per scegliere.