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PREMESSA

Per capire il rugby bisogna secondo me analizzare con calma il principio dell’avanzamento e tutte le conseguenze che ne derivano per le squadre che si confrontano.
Ma quello dell’avanzamento è poi veramente un principio?
Me lo domando perché la caratteristica principale dei principi è l’universalità che in un campo di rugby non ci può essere perché è evidente che, se una squadra avanza, l’altra questo principio non può applicarlo dovendo per forza retrocedere.

Che poi, se l’avanzamento è un principio, tutti i manuali partiranno da questo e così non sarà spiegato da nessuna parte cosa deve fare quella delle due squadre che non avanza.
Nel rugby, se la squadra più forte entra in campo concentrata, farà sì che l’altra non possa addirittura giocare se per gioco s’intende passarsi il pallone, perché sarà assurdo farlo dal momento che non riesce ad avanzare.

Ed infine, se le due squadre sono dello stesso livello e si impegnano nella stessa maniera, si scontreranno sulla linea del vantaggio ed il successo di una delle due dipenderà da accadimenti e disciplina.

SETTORE GIOVANILE

Allenare al rugby i teenager italiani è un compito arduo, perché gli insegnanti devono superare vari handicap che comunque non sono tecnici.
Il primo è convincere gli allievi a studiare, applicarsi, faticare, ripetere gli esercizi, essere sempre presenti agli allenamenti, ecc., per poi ottenere nell’immediato un risultato addirittura inferiore a quello che avrebbero potuto ottenere affrontando gli impegni domenicali in maniera … disinvolta.
Il fatto è che il rugby è un gioco semplice perché si tratta di portare il pallone oltre una linea, per cui un ragazzo veloce che corra su un corridoio e segni o un ragazzo tarchiato che sfondi e segni sono considerati bravi.
Negli altri sport devi per forza cominciare con la tecnica perché nel calcio per esempio devi controllare il pallone con i piedi e saper tirare in porta e nel basket devi imparare a palleggiare e a tirare a canestro.
La conclusione è che un allenatore dei teenager è bravo se a 18 / 19 anni i suoi allievi sapranno far tutto essendo assolutamente competenti tecnicamente.
Per spiegare meglio mi rifaccio ai capitoli relativi all’insegnamento scolastico del libro di Canfora “Noi e gli antichi: perché lo studio dei greci e dei romani giova all’intelligenza dei moderni”.
La conclusione è che se vogliamo entrare in un’élite di nazioni, la “scuola” dove mandare i nostri figli e nipoti ad imparare il rugby deve essere adeguata e soprattutto formativa e comunque oligarchica e quindi selettiva, deve essere praticamente il liceo classico dello sport.

Liceo classico vuole dire educazione e formazione generale della personalità in un periodo della vita in cui lo studio o la maggior parte dello studio deve essere disinteressato, non avere scopi immediati o troppo immediati, deve essere formativo anche se istruttivo, cioè ricco di nozioni concrete.

E se le nostre giovanili devono essere il liceo classico dello sport, i ragazzi devono andare in campo per studiare, per migliorarsi, per abituarsi, arrivando di conseguenza ad una sicurezza e tranquillità vincenti.
Ed anche la ripetizione meccanica di atti disciplinati e metodici permetterà di contrarre abitudini di diligenza, di esattezza, di concentrazione psichica.

Tutto potrà sembrare complicato e difficile da raggiungere ma in realtà non lo è se ci si concentra appunto sulla crescita e non sul risultato immediato.
Certo è che, se si vuole un certo numero di giocatori di alto livello con qualche punto di eccellenza, bisogna che tutti, istruttori e giocatori, facciano molta fatica.

Altro handicap per gli allenatori del settore giovanile è paradossalmente la magia umana che c’è nei loro gruppi, perché questa magia è e deve essere un effetto collaterale dal momento che la “mission” di una società sportiva è e deve essere fare sport.
Parlo di magia perché nelle giovanili di rugby c’è proprio tutto: amicizia, solidarietà̀, empatia, contaminazione sociale, condivisione, ecc. e le squadre sono delle vere bande che peraltro sono guidate e controllate da persone assolutamente per bene che incanalano l’aggressività nel giusto verso.

ATTENZIONE: quello che è magico a 18 anni è patetico a 25 per cui se si vuole continuare a giocare divertendosi bisogna essere in possesso di una buona tecnica.
Altro handicap è la quota sociale con la quale le famiglie sono convinte di acquistare un servizio con tutti i diritti che secondo loro ne derivano.

Se però parliamo di sport agonistico, questo ha delle regole precise e la prima è la frequentazione assoluta degli allenamenti per cui si dovrà spostare tutto in funzione dell’allenamento stesso, come per esempio viste mediche (dentista), vacanze, lezioni private, ecc.; quando si tratta di agonismo quello che noi veneziani diciamo “dove pago cago” non vale proprio.

Per quanto riguarda lo spirito del rugby, mi sono sempre domandato perché non ci sia lo spirito della pallanuoto o di qualsiasi altro sport, un mistero!
Concluderei l’elenco degli handicap con il terzo tempo, altra cosa che abbiamo solo noi rugbisti.

Comunque al sottoscritto il mondo del rugby piace moltissimo, ma ho la pretesa di essere un analista e non posso non vedere che terzi tempi ecc. distraggono gli allenatori delle giovanili da quella che è la loro mission: insegnare tecnica.
Non so se c’entra, ma mi compiaccio di aver organizzato all’hotel Des Bains (quello di morte a Venezia di Thomas Mann) probabilmente il miglior terzo tempo di sempre, con la presenza di moltissimi campioni fra cui i fratelli Francescato.

Finirei con un’immagine divertente: gli insegnanti del settore giovanile come Ulisse con le sirene, tentati dalla vittoria domenicale.
Ecco, devono resistere e pensare esclusivamente alla crescita tecnica dei propri allievi, perché un giocatore è bravo se lo è tecnicamente.

ALLENATORI
Per spiegare il mio punto di vista su allenatori e corsi allenatori, approfitterei del saggio di Recalcati sull’insegnamento in generale, perché tratta della soggettivazione del sapere, di come l’allievo (in questo caso l’allenatore o aspirante tale) possa arrivare a sapere senza

diventare un clone di chi insegna.
L’argomento illustra l’assurdità del pensiero unico e, spostando il concetto al rugby, di come i tecnici non riuscendo a comunicare non crescano.
Comincerei dalla critica, assolutamente assente nel nostro mondo, facendo notare che senza questa non si possa discutere, commentare, argomentare, polemizzare, arrabbiarsi, ecc.
Da noi nessuno critica e, mentre prima pensavo al fairplay, un po’ alla volta mi sono convinto che si tratti invece di mancanza di sicurezza e paura di sbilanciarsi, con la conseguenza che i media non trattano il “prodotto”.
La “tragedia” è che c’è una scarsissima circolazione di idee, il rifiuto comunque del confronto perché si parla ma nessuno entra nel merito di quello che dicono e fanno gli altri, nessuno insomma dà giudizi e questa è una maniera infantile di trovare soluzioni.
Recalcati comincia dal Simposio con Socrate che spiega ad Agatone, seduto vicino a lui ad un banchetto, che non basta la contiguità per trasmettere il sapere.
“La sapienza” dice Socrate, “non scorre dal più pieno al più vuoto attraverso un filo di lana”. Socrate sa bene che al centro del sapere in quanto tale nella struttura stessa del sapere dimora un vuoto che è indice dell’impossibilità di sapere tutto e di spiegare ogni cosa. Questo vuoto si apre continuamente, non c’è chiusura, per cui l’dea del suo riempimento diventa irrisoria.
Il vuoto non è sentito come una mancanza ma come una chance, è strutturale ed è ciò che ci fa intraprendere un cammino per il sapere.
Socrate punta a mostrare che il sapere non è affatto un oggetto contenuto nel contenitore dell’Altro, ma l’effetto di un percorso che ogni soggetto è tenuto a compiere in proprio.
A questo punto tenterei una schematizzazione partendo dalla memoria, cioè̀ dalla conoscenza.
La conoscenza non può essere solo assimilazione, immagazzinamento passivo di informazioni, sebbene la sua condizione preliminare sia la capacità di assorbimento. Imparare significa ricordare, cioè̀ la conoscenza implica la memoria ma solo al fine di sospenderla per rendere possibile un atto nuovo, una soggettivazione inedita, dunque una disentificazione del discorso già costituito dell’Altro.
Evidentemente l’insegnamento non può generarsi senza un maestro, ma non può nemmeno essere ridotto a riprodurre il sapere del maestro, fare come lui.
Bisogna insomma servirsi di maestri, fare con loro per trovare l’eterogeneità del proprio stile. Se insegnare significa letteralmente lasciare un’impronta sull’allievo, è perché si esclude che la trasmissione possa ridursi ad una clonazione, ovvero alla riproduzione passiva e conformistica della parola del maestro.
Insegnare significa insegnare a qualcuno a diventare soggetto senza che l’impronta del maestro debba essere un calco.
Se Recalcati ha ragione, che chance ha il rugby italiano di crescere?
Nessuna, perché la sua “intelligentia” è dogmatica e categorica, non lascia nessuno spazio a chi si avvicina per imparare.
Tutti i maestri che dagli anni 70 / 80 con le loro equipes di esperti si sono succeduti alla guida tecnica del nostro movimento, sono stati sicuramente “sapienti”, ma evidentemente anche degli scarsi insegnanti dal momento che il loro oggettivo fondamentalismo ha ridotto

la possibilità aperta della risposta alle domande che ci poniamo ad una sola risposta possibile, appiattendo la verità sul sapere già saputo.
Che poi non serve scomodare Socrate per capire che copiare è ben diverso da imparare e che si impara solo usando la propria testa.

So che per molti rugbisti il calcio è il “grande Satana” ma non si può non riconoscere che dopo la laurea a Coverciano tutti gli allenatori si staccano dagli insegnanti iniziando un percorso di elaborazione personale entrando in un processo di crescita, mente nel rugby ci si ferma ai dogmi dei nostri guru.

DIRIGENTI

Sicuramente la parte più negativa del nostro rugby.

Il Consiglio Federale dovrebbe far crescere il movimento in tutte le sue componenti, ma questo non succede perché il suo interesse è riservato esclusivamente a franchigie e nazionale.
In questa maniera arriviamo all’assurdità di avere un vertice senza una base e così franchigie e nazionale non possono essere trainanti perché non c’è niente da trainare.

Ma il vero problema è che girano pochi soldi e senza questi è evidente che non si va da nessuna parte.
Si deve capire che i soldi li “producono” direttamente e indirettamente i tifosi e non gli sportivi e noi siamo decisamente sportivi con il sommo sacerdote Pierantozzi che quando parla di calcio sembra un disoccupato che critica lo stile di vita di Briatore.

Il calcio è uno sport bellissimo e a questo punto non posso non domandarmi se chi lo pratica o lo segue sia un bandito depravato o una persona normale che si lascia andare, qualche volta esagerando.
La vita, ben si sa, è fatta di scelte e il rugby dovrebbe scegliere tra il partito di Pierantozzi fatto di sportività totale e il mondo reale, ma purtroppo qualsiasi vero (?) rugbista non entrerà mai nella realtà preferendo evidentemente vivere in povertà francescana.

Così il nostro movimento non solo non crescerà ma rischierà addirittura di estinguersi.
Per quanto riguarda il “6 nazioni” siamo sicuri di meritare più della Georgia?
Non è per caso che il fatto che i supporters inglesi non andrebbero mai a Tblisi conti qualcosa?
Roma è una città bellissima, ha un clima mite, anche troppa arte e soprattutto una cucina super.
Fa un po’ ridere ma non escluderei che la decisione di ammettere l’Italia nel prestigioso torneo sia stata condizionata dai “bucatini all’amatriciana”.

CAMPO

“Buttare” un pallone indietro senza che chi lo riceve riesca a portarlo avanti è assurdo perché chi lo ha passato resterebbe evidentemente fuori dal gioco, essendo oltre la linea del pallone stesso.
E così si arriva alla logica conclusione: vince la squadra che riesce a tenere più atleti in gioco. Con una squadra in avanzamento avremo 15 atleti in gioco, mentre la bravura del trainer che ha difficoltà nell’avanzare si fermerà ad un gioco al piede sotto pressione e a qualche sporadico rischioso tentativo di gioco al largo puntando su atleti come Menoncello. Insomma per attaccare seriamente bisogna impostare delle ruck in avanzamento arrivando, se si è bravi, ad un gioco sequenziale che provocherà l’allargamento degli intervalli difensivi o la liberazione delle fasce.
Questo gioco di sequenze consiste di proporre ruck in avanzamento in serie con un’uscita rapidissima del pallone, cosa che alle prime nazionali del ranking riesce e alla nostra nazionale meno.
Questo gioco è peraltro complicato, difficile, faticoso ed implica un’applicazione totale da parte dei giocatori che dovranno essere sempre concentratissimi ed avere un approccio decisissimo, perchèappena si molla un po’ c’è la possibilità immediata che gli avversari possano prevalere.
Ma è veramente questa l’unica maniera di giocare?
Perché non provare con le categorie di pensiero calcistiche?
La prima cosa che farebbe Allegri sarebbe tentare di tener bassa l’intensità di gioco e potrebbe riuscirci con una difesa basata sul fatto che, mentre nel calcio e nel basket gli attaccanti tagliano la difesa senza il possesso del pallone, nel rugby i tagli li fanno gli attaccanti in possesso di questo.
Questo vuol dire che la difesa nel rugby, a parte la tecnica del placcaggio, può diventare un fatto solo tattico che riguarda cioè̀ solo gli spostamenti dei giocatori.
Per questo può bastare disciplina, preparazione atletica, calma, concentrazione, disponibilità.
Si parte dai placcaggi che dovranno essere frontali perché placcando di lato l’attaccante va oltre assicurando il recupero del pallone alla propria squadra.
Per placcare frontalmente, le linee di corsa devono essere geometricamente normali, cioè̀ parallele alle linee di meta e di touche, e gli “interni” assolutamente protetti da un compagno.
Chi protegge l’interno dovrà essere “latitudinalmente” un po’ più alto del difensore e, arrivando di lato, costringerà il possessore del pallone all’esterno, pressandolo oltretutto nel caso volesse calciare.
Il pressing (pressione collettiva organizzata) è caratterizzato dal fatto che i tempi di placcaggio sono scelti dalla difesa e naturalmente il pressing potrà partire solo al contatto delle 2 linee.
Primo difensore ed interno si proporranno senza cercare il contatto che però, quando avverrà̀, farà scattare strappando i difensori esterni e uno di questi arriverà certamente su un destinatario del pallone assieme a questo.
Se questa procedura, acquisita anche dagli avanti, funzionasse (funziona, funziona …) creerebbe seri problemi al sostegno offensivo che non potrebbe più garantire il sicuro recupero del pallone che in ogni caso uscirebbe lentamente dal punto d’incontro, costringendo l’attacco ad un probabile gioco al piede.
Insomma, allineamento cercato in maniera maniacale e interno blindato.

Gli esercizi, uguali per linee arretrate e avanti, possono essere con contrasto e senza: quelli senza contrasto sono facilmente immaginabili (coni che indicano dei percorsi), quelli con contrasto sono principalmente il 4 vs 10 e il 3 vs 6 e mentre nel primo prevale la difesa dei 4 nel secondo il lavoro dei 3 difensori è frustrante ma decisivo per l’allineamento in partita. L’esercizio 4 vs 10 è senza l’opzione calcio e si parte con gli attaccanti schierati e i difensori raggruppati e, mentre il pallone viene dato ad un qualsiasi attaccante, un difensore parte per l’alto a fare un blocco, un altro si posizionerà continuamente davanti al portatore del pallone con gli ultimi 2 che si schiereranno al suo fianco a prescindere dalla posizione degli attaccanti.

Il portatore del pallone non potrà fare giochi interni ma dovrà giocare esterno e, se i primi 2 (chi va per l’alto e chi fronteggia il portatore) stanno calmi, nel senso che non cercano il placcaggio, lo costringeranno ad entrare.
Solo che adesso la scelta dei tempi passa alla difesa con il portatore che potrà essere placcato tranquillamente, frontalmente e praticamente da fermo mentre, se si azzarda un passaggio, un difensore esterno arriverà assieme al pallone sul destinatario dello stesso.

Con linee diagonali c’è un solo punto d’incontro mentre, facendo come suggerito, il portatore del pallone sarà continuamente traguardato, non potrà fare giochi interni, non potrà incrociare il calcio e, cosa importantissima, chi va per l’alto arriverà per primo sulla scena del placcaggio con possibilità di recuperare il pallone.

Passiamo ora al 3 vs 6, sicuramente l’esercizio più difficile perché i 6 attaccanti, non avendo blocchi interni, hanno libertà totale per cui anche senza nessuna opzione (calcio, ecc.) possono arrivare in meta facilmente.
Ma questo è un esercizio per la difesa, per cui l’attacco “trierà” l’esercizio in maniera logica. Comunque il centrale starà sempre sul portatore del pallone e, solo se il pallone arriva ad un’estremità̀, potrà tentare un blitz dal momento che il verso diventa unico.

Ripetendoli, questi esercizi fanno diventare la difesa quasi un balletto, dove distanze e tempi sono codificati e questo, oltre a rendere la difesa impenetrabile, crea una reale possibilità di recuperare il pallone.
A questo punto il calcio.

Allegri direbbe ai propri giocatori di giocare immediatamente il pallone recuperato?
No, perché contro una squadra più forte i passaggi metterebbero sotto pressione la propria squadra con la certezza di giocare con sempre meno atleti.
Insomma torniamo al fatto che vince la squadra che tiene più giocatori in gioco, per cui il pallone dovrà essere tenuto “latitudinalmente” alto e questo può avvenire evidentemente con un maul che, contro una squadra più forte, sarà finalizzato a recuperare i propri giocatori al di qua della linea del vantaggio.
Una volta stabilita la parità numerica, qualsiasi allenatore proporrebbe un avanzamento disassando il maul, ma otterrebbe poco o nulla affaticando notevolmente i propri avanti.
Chi imposta il maul dovrà cercare di impattare l’avversario più vicino evitando di infilarsi in subdoli corridoi che inevitabilmente si chiuderebbero, avendo peraltro la certezza del sostegno dei propri compagni.
Vediamo un esempio di maul: che possibilità di successo può avere un attacco da mischia chiusa se la mischia di chi introduce e vince il pallone è già in difficoltà con la spinta subendo quindi una pericolosa pressione?
Praticamente nessuna, ma se il pallone passa dal 9 direttamente al 12 che va ad impattare il suo omologo, mentre il 10 e il 13 lo difendono, si potrà costruire un maul che costringerà gli avversari ad entrare dal famoso cancelletto.

Il maul in questo caso crea una nuova linea del vantaggio, più arretrata ma con il pallone in sicuro possesso.
A questo punto (maul impostato da 12, 10 e 13) il 6, il 7 e l’8 andranno a completare il primo maul anche se non avanzanti.

Ciò darà il tempo ai primi della mischia di rialzarsi e raddoppiare.
Potranno farsi dare il pallone per formare a loro volta un maul che, con l’arrivo dei numeri 6- 7-8 già presenti nel primo maul, sarà partecipato da tutta la mischia.
Tornando alla costruzione del maul che non si vuole disassare, c’è da dire che dopo aver “centrato” l’avversario più vicino alla propria linea di meta per non farsi intrappolare, il possessore del pallone porrà attenzione affinché̀ il baricentro torni all’interno della base per non farsi trascinare in avanti, ma soprattutto per favorire le immediate protezioni ai lati che invece dovranno entrare prepotentemente per isolare chi ha il pallone.
Le protezioni laterali si legheranno al possessore del pallone ponendo attenzione a mettere la gamba interna avanti e da questo momento qualsiasi entrata laterale di un avversario sarà punita.
Chi entrerà successivamente nel maul cercherà di farlo perpendicolarmente e la difficoltà più grande l’avrà il quarto che dovrà appoggiarsi senza usare le mani, impegnate a ricevere il pallone.
Il quinto dovrà non far girare il quarto che darà il pallone al sesto.
Con l’arrivo degli ultimi 2 giocatori che spingeranno ai lati, avremo un raggruppamento blindato, con tutti i partecipanti, a parte il primo, in spinta e perpendicolari.
Ci vuole ovviamente tempo e applicazione per entrare nel puzzle ma ci si riesce e in partita ci si divertirà moltissimo.
Lo scopo di difesa e maul blindati è il solito: avere 15 giocatori in gioco per cui il pallone, una volta recuperato, dovrà essere o portato o calciato nel campo avversario.
Penetrare però ai lati del maul non è facile, ma il pallone ce l’ha l’ultimo del maul (terza centro nella fattispecie) che partendo in maniera decisa può impegnare la guardia avversaria liberando un corridoio dove può infilarsi il mediano di mischia che avrà un sostegno immediato dal momento che i suoi compagni guardano la meta avversaria.
Logicamente entrando nel campo avversario si passerà ai pick and go con delle ruck in serie per concludersi con gioco al largo. Non è facile, però …
Oppure un più prosaico gioco al piede del mediano di mischia che calcerà per i propri tre quarti centro una ventina di metri oltre la linea del vantaggio, per cui ci sarà uno scontro alla pari con gli avversari, ben dentro peraltro al loro campo.
Si provi ora a pensare che tutti i 15 giocatori sappiano difendere e raggrupparsi come suggerito, non vorrebbe dire certo vittoria sicura, ma sicura sarebbe la possibilità di competere, come sicuro sarebbe il divertimento e questo non è certo un dettaglio!
Per giocare in questa maniera, poi, la scelta dei giocatori da schierare sarà basata, come fa il calcio, sull’utilità e non necessariamente sulla bravura assoluta.
Un chiaro esempio è quello di Paolo Garbisi la cui oggettiva bravura non servirebbe perché il gioco al piede è riservato al mediano di mischia mentre non c’è possibilità di giocare al largo perché la squadra non è avanzante.
In nazionale un gioco redditizio si potrebbe avere con una mischia composta da Ruzza, 6 piloni e Lazzaroni se è ancora vivo (rugbisticamente, dai!), Tebaldi numero 9, Lamaro apertura, Menoncello e Pettinelli ai centri e un triangolo allargato con giocatori non necessariamente (solo) brillanti.

Vorrei spiegare il perché di queste scelte che secondo me sono logiche e comincerei da Ruzza che è sicuramente il più bravo degli avanti dal momento che salta molto bene in touche, perché ha un controllo di palla perfetto, sa coordinare i compagni, lavora molto, ecc. Lazzaroni lo schiererei perché è un super lavoratore e perché può essere un’alternativa a Ruzza in touche mentre i 6 piloni dovrebbero servire a rendere più sicura la mischia chiusa e soprattutto per bloccare i rolling maul avversari e magari impostarne qualcuno in vicinanza della linea di meta avversaria.

Non capisco poi perché Tebaldi sia poco considerato, dal momento che è il più bravo nel gioco al piede, ha fisico, una gran tecnica e una personalità che crea fiducia nei propri compagni.
Lamaro a numero 10 non dovrebbe certo “fare l’apertura” ma è un grande placcatore e il più bravo a recuperare palloni ed essendo continuamente molto vicino ai vari impatti ….

La coppia Menoncello-Pettinelli potrebbe essere una coppia di centri esplosiva, anche per i mezzi fisici dei 2 perché se il primo, oltre che molto bravo, è dotatissimo, Pettinelli è un gran placcatore, rapido, coordinato e soprattutto velocissimo tanto da poter pensare che per lui arrivare sul destinatario del pallone insieme a questo sarebbe proprio facile.

Ed infine per il triangolo allargato, più che ad atleti brillanti penserei a giocatori sicuri sul piazzamento e copertura del territorio e molto bravi nel gioco al piede, ed in questa maniera si potrebbe recuperare il bravissimo Paolo Garbisi (impossibile non farlo giocare).

Queste poche pagine non hanno la pretesa di essere esaustive ma uno spunto per poter discutere e confrontarsi, cosa sempre decisamente utile.

Vittorio Pepe

P.S.
Quanto scritto può considerarsi il mio …… testamento rugbistico

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