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Il Consiglio Federale dello scorso 10 ha approvato all’unanimità la prima variazione al Bilancio Preventivo 2024.

La variazione evidenzia un disavanzo di 2.163.900€, che sommato alla perdita già prevista di 7.832.330,55€, porta il risultato preventivo finale negativo a 9.996.230,55€. Questo a fronte di una dotazione patrimoniale che al 31/12/2023 risultava di Euro 14.343.265,65€.

Il comunicato diffuso dalla federazione spiega che il “Consiglio Federale ha voluto indicare, attraverso la variazione approvata, una linea di demarcazione netta con il precedente quadriennio, che rappresenti la reale situazione patrimoniale economica della FIR e indirizzi l’organo di governo verso l’applicazione di un nuovo modello economico che sarà implementato nel corso del mandato corrente per uno sviluppo qualitativo e quantitativo sostenibile dell’intero sistema rugbistico italiano”.

Si conferma nella sostanza quanto più volte scritto nei mesi scorsi anche da Allrugby, ossia che la gestione ordinaria negli ultimi anni è costata circa il 25% in più del valore della produzione  e di conseguenza è stata finanziata con le entrate straordinarie frutto della cessione al fondo CVC di una quota dei diritti commerciali del Sei Nazioni e dell’URC (circa 45 milioni in totale). Di quel tesoretto, restano come evidenziato dal comunicato di cui sopra, poco più di quattro milioni. Di investimenti in strutture o infrastrutture di lungo periodo, nemmeno l’ombra. “Dovremo tagliare tutte le spese superflue possibili e provare ad aumentare i ricavi in un momento storico in cui l’operazione non sarà semplice – ha detto Amdrea Duodo nella lunga intervista concessa a  Valerio Vecchiarelli che potrete leggere nel numero 195 di Allrugby, in diffusione a partire dal prossimo 21 di ottobre -. A scelte puramente economiche, poi, vanno affiancate scelte strategiche: le priorità sono infinite, lo sviluppo del rugby al Sud, la formazione dei giocatori, gli impianti, la crescita della base, sempre tenendo presente che abbiamo promesso di voler seguire la volontà dei club. Sono loro la risorsa di cui il rugby italiano non può fare a meno».

 

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