Conoscete la storia di quel tizio che cadendo dal cinquantesimo piano, mentre passa davanti al quarantesimo, al trentesimo etc, e continua a ripetersi “fin qui tutto bene”? Potrebbe essere il tema di questo inizio di Sei Nazioni dell’Italia.
A Parigi abbiamo fatto un figurone, pur non essendo riusciti a cogliere un’occasione straordinaria, ma il percorso (in discesa?) è appena cominciato. Riusciremo a sopravvivere alle altre quattro stazioni? Perché i margini per schiantarsi sul marciapiede, a partire dal match di domenica contro l’Inghilterra, ancora ci sono. Non basta l’orgogliosa prova di Parigi per aprire il paracadute, bisogna continuare a darsi da fare.
Contro la Francia, gli Azzurri hanno approfittato di un avversario che per quasi tutti gli ottanta minuti ha cercato soluzioni individuali anziché il gioco di squadra. L’ottima tenuta della mischia e la verve di Canna, unita alla buona prestazione di Garcia e Campagnaro, hanno permesso all’Italia di rimanere in partita fino all’ultimo. Con l’Inghilterra, sulla carta, sarà un’altra storia. Gli inglesi sono più organizzati, più pratici e il loro gioco è più strutturato. Ogni errore sarà punito, ogni difetto amplificato.
Non ci sarà Vakatawa, è vero, ma Mike Brown, Watson e Nowell possono farci molto male e Billy Vunipola (19 percussioni, 5 avversari diretti battuti, 51 metri di avanzamento in totale contro la Scozia) promette di essere un bella sfida per la nostra terza linea.
Contro la Francia, l’Italia ha effettuato 25 calci tattici, solo due dei quali hanno permesso agli Azzurri di conservare il possesso. La cosa non sarà sfuggita a Eddie Jones che sicuramente avrà preparato i suoi per sfruttare al massimo i palloni di recupero.
Che gli inglesi non ci prendano sotto gamba è dimostrato anche dal fatto che il coach australiano ha già parlato del ruolo chiave dall’arbitro del match di domenica, il neozelandese Jackson: “ama il gioco d’attacco – ha detto Jones – con lui sarà più facile muovere la palla velocemente. Ogni ostruzione sarà punita severamente”.
L’importante sarà mantenere per ottanta minuti l’equilibrio e la concentrazione di Parigi.
Brunel all’inizio del torneo l’ha detto: “Voglio una squadra che si batta con ambizione non per un tempo, non per un’ora, non per ottanta minuti, ma per tutta la partita, per tutte e cinque le partite del torneo”. A Parigi è stato accontentato: fin qui tutto bene. (gianluca barca)