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Scozia 5,5

Su Allrugby 187 Iain Morrison scriveva di poca abbondanza in terza linea ed effettivamente la Scozia ha sempre fatto un ottimo primo tempo e poi è calata nel secondo. E ha perso un giocatore come Stuart Hogg che oltre a essere un attaccante di enorme talento, gestiva le giocate d’intesa con Finn Russell. Chi ha visto da vicino il XV di Townsend negli anni passati si rendeva conto della visione d’insieme che garantiva “Hoggie” là dietro. Blair Kinghorn è un signor giocatore ma è un 10 che gioca 15 e viceversa, è comunque giovane e non ha la personalità del predecessore. Per il resto, un po’ di sfortuna perché vincere con la Francia avrebbe fatto la differenza e poi Van der Merwe una volta ne segna tre e poi, a Roma con gli Azzurri, butta via l’opportunità di una meta per pura vanagloria. Capuozzo e Garbisi sono bravissimi a concertare il placcaggio ma l’errore è di scelta. Ed è tutto di scuola sudafricana. Tuipulotu è mancato molto sia contro l’Italia che contro l’Irlanda che si è dovuta affidare solo all’estro di Huw Jones nei centri.

Van der Merwe, contro l’Italia ha sprecato una grande occasione per presunzione 

Galles 4,5

Ci sono i momenti bui per tutti e spesso non avere un’apertura all’altezza è parte del problema. Noi di Costelow ne abbiamo avuti a bizzeffe ma quando hai la maglia numero 10 dei Dragoni le brutture e gli errori valgono doppi. Ci sono buoni prospetti alla corte di Warren Gatland (la terza linea dei Tigers Tommy Reffell, a tratti l’ala Rio Dyer) però l’attuale generazione sembra difettare di talento. E, ancor più brutto, sembra un concentrato di giocatori che hanno già dato il loro meglio – come Tomos Williams, Tompkins o Adam Beard. Era dal 2003 che i Dragoni non finivano il torneo senza vittorie: fu l’anno della prima vittoria degli azzurri sul XV piumato. Se le convocazioni dei British & Irish Lions per il tour dell’anno prossimo in Australia venissero fatte oggi, di gallesi in squadra ce ne sarebbero due, al massimo tre. Nel 2021 in Sudafrica furono 9, nel 2017 in Nuova Zelanda 12. Questo per dare l’idea della crisi profonda in cui è sprofondato il Galles in pochi anni. La prossima stagione Gatland, che ha promesso di rimanere, dovrà giocare tre volte in trasferta contro Italia, Francia e Scozia. Phob lwc! (auguri).

George North; per lui contro l’Italia, l’ultima partita in nazionale: sconfitta e infortunio. Peggio di così non poteva andare (foto WRU)

Inghilterra 7

La partita con l’Irlanda ci ha fatto vedere una squadra diversa, più veloce in ruck, più strutturata, capace di linee di corsa efficaci. Qualcosa di continuo che avevamo visto solo a tratti nelle puntate precedenti. E il 33-31 con la Francia – la partita più eccitante dell’intero torneo – ha confermato un’inversione di tendenza. È piaciuto a estremo Furbank, preferito a Steward per le sue doti in attacco, Ford senza staffette con Farrell magari si è sentito più investito del ruolo e Marcus Smith, coprendo i due spot a 10 e 15, ha dato profondità e alternative a gara in corso. A parte qualche errore con i galletti, con Mitchell a numero 9 il XV della rosa sembra avere i tempi di gioco giusti e un gioco al piede molto efficace. A proposito di forze fresche, in mischia l’ex maori Ethan Roots si è inserito bene e all’ala Immanuel Feyi-Waboso ha segnato la sua prima meta internazionale (contro la Scozia) facendo intravedere cosa potrà fare. Sugli scudi la performance di Ollie Lawrence, subito celebrato come il nuovo Manu Tuilagi: in meta contro l’Irlanda, due volte con la Francia, forse il migliore della truppa di Borthwick. Il quale, parliamo del coach, non avrà vinto il Championship ma: 1) è l’unica squadra europea ad aver battuto l’Irlanda negli ultimi due anni 2) sembra aver trovato un’identità di gioco 3) ha legittimato un terzo posto al mondiale che era parso – almeno per il percorso- generoso.

Ollie Lawrence autore di due mete contro la Francia a Lione  (Shaun Botterill/Getty Images)

Irlanda 7,5

Potremmo limitarci a rimpiangere Sexton ma sarebbe ingeneroso. L’Irlanda perde a Twickenham per altri motivi e non entusiasma in generale pur avendo vinto il titolo per il secondo anno di fila. Il sistema di gioco e l’intensità sono da capogiro ma è mancato un Mack Hansen al largo e Crowley – per il momento – non sembra avere i numeri dalla sua parte per il compito che gli spetta. In terza linea hanno giocato Doris (1998), Van der Flier (1993), O’Mahoney (1989) in quattro partite su cinque, sostituiti da Conan (1992) e Baird (1999). In seconda Tadhg Beirne (1992) ha sempre fatto coppia con Joe McCarthy, unico nato nel nuovo millennio del pacchetto irlandese (2001), i cui back up erano Iain Henderson (1992) e James Ryan (1996). Non lo notiamo certo noi ma c’è un problema anagrafico con i verdi e non si potrà sempre portare un uomo di mischia in più in panchina, sacrificando fra quelli a disposizione una seconda apertura. L’altro spot da tenere d’occhio è quello del mediano di mischia: Conor Murray rimane valido se hai Gibson-Park titolare, ma alle spalle di quest’ultimo forse servirebbe un 9 con caratteristiche diverse perché Murray è ideale se la partita è in cassaforte, se bisogna ribaltarla invece purtroppo pare aver fatto il suo tempo.

Da sinistra: Peter OMahony, Tadhg Beirne and Tadhg Furlong (©INPHO/Dan Sheridan via IRFU)

Francia 6,5

È arrivata seconda in classifica ma, Galles a parte, la squadra di Galthié è la nazionale che uscirà più ridimensionata da questo Sei Nazioni. Innanzitutto certifica, se mai ce ne fosse bisogno, quanto sposti gli equilibri Dupont a numero 9. La capacità di tenere alto il ritmo, l’improvvisazione e le doti di finisseur mancano sia a Lucu che Nolann Le Garrec, anche se il giovane mediano del Racing ha talvolta fatto brillare gli occhi. Anche all’apertura si è sentita la mancanza dell’infortunato Ntamack e la scelta di far giocare avanzato Tomas Ramos al posto di Jalibert, ha pagato in attacco ma si è rivelata una disgrazia in difesa. Serve new blood nei tre quarti per dare respiro a giocatori come Fickou che hanno dato tanto e non ne hanno più come prima mentre la mischia ha davvero impressionato: sotto la regia del capitano Aldritt, i Mauvaka, gli Atonio, i Taofifénua, i Tuilagi, i Meafou hanno proposto un rugby fuori scala che nei 22 da poche chance alle difese avversarie.

Ethan Dumortier, classe 2000, uno dei giovani lanciati da Galthié in questa edizione del Torneo (foto WRU)

Italia 8

Quesada da calciatore ha sempre visualizzato la traversa come obiettivo per convertire in punti i tentativi dalla piazzola. “Non serve immaginare l’ovale in mezzo ai pali, in alto. È troppo ambizioso, basta che passi due metri sopra la traversa”. Da allenatore sta facendo lo stesso: non si è lanciato in proclami, ha solo garantito di lavorare sull’identità, la difesa e sull’essere meno prevedibili. E poi che “gli azzurri sorprenderanno”. Aveva ragione e anche il passo falso in Irlanda aveva dato prova di una solidità in trincea, ovvero nei propri cinque metri, che non si vedeva da un pezzo. E se di quel giorno, finito a zero, sembrava non si potesse salvare nulla, la caparbietà con le spalle al muro è invece tornata utile contro la Francia e con la Scozia. Ed è stata determinante anche a Cardiff. Grandi i miglioramenti in touche: siamo passati dal 65% di successo su proprio lancio nelle prime due giornate (peggiori del torneo), all’87% di media nelle ultime tre con un 12 su 12 al Millennium contro il Galles. Il nostro miglior Sei Nazioni di sempre con la squadra più giovane del torneo.

Un placcaggio di Brex su Daly in Italia-Inghilterra, partita inaugurale del Torneo. Nella foto di apertura, tifosi irlandesi all’Aviva Stadium di Dublino (@INPHO/Ben Brady via IRFU) 

 

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