Il vecchio e il bambino.
Michael Higgins, presidente di Eireann, socialista, poeta, allievo di Seamus Heaney premio Nobel per la letteratura (uno dei tanti andati agli irlandesi), non manca mai quando l’Irlanda gioca a Lansdowne Road che oggi ha l’etichetta di Aviva Stadium. Stendono la passatoia rossa e lui, sempre più simile a un personaggio dell’Hobbit di Tolkien, stringe le mani a tutti i giocatori. Prima e dopo, suonano Soldiers’ Song, l’inno della Repubblica. Un bambino, nato trequarti di secolo dopo Higgins, ha cantato Ireland Call. Da quel corpo minuto, una magnifica voce e nessun tremore. Tanti si sono commossi.
La Principessa. Anna
La principessa Anna saluta i giocatori scozzesi prima del match con la Francia a Murrayfield
Royal Princess e patrona del rugby scozzese, è stata la protagonista del gesto con iniziale maiuscola della seconda giornata. Verso la fine dell’intervallo si è alzata per far passare un paio di spettatori: uno aveva in mano una birra. Proviamo a trasportare l’immagine in Italia: un personaggio di quella caratura (e magari con una caratura molto minore…) sarebbe stato ingabbiato in mezzo a guardie del corpo corpulente, occhi minacciosi, capelli laccati e auricolari che pendono dalle orecchie, stile Cia. Mamma di Zara, vista in mezzo ai tifosi inglesi all’Olimpico con il marito Mike Tindall, Anna da tempo preferisce i pantaloni alla gonna. In Scozia sono gli uomini a portare il kilt.
TMO
Masochismo. Il Tmo assomiglia sempre più a quell’assurda regola dell’atletica che squalifica subito l’autore di una falsa partenza. L’episodio più clamoroso è legato alla finale mondiale dei 100 del 2011, a Daegu, quando il cartellino rosso toccò a Usain Bolt e, come si dice in questi casi, qualcuno si tagliò gli attributi per far dispetto alla moglie. Townsend, Russell e la stampa scozzese affermano di esser stati derubati. Come dar loro torto? Sarebbe bastato che il gracchiante Nik Berry non avesse annunciato a priori “per me non è meta” per preparare una soluzione diversa.
Ali. I
Prima della lunga coda finale la partita di Murrayfield era stata decisa da una fulminea idea – calcetto e volata – di Louis Bielle Biarrey che non ha ancora ventun anni e dalla Coppa del Mondo ha residenza fissa con la nazionale maggiore di Fabien Galthié. Perché, visto quel che ha combinato a Cork, non concedere spazio al veneziano Marco Scalabrin, ribattezzato Scalabrensky: le due mete assomigliano a quelle che il Principe russo riservò agli All Blacks nel gennaio del ‘36.
Ali 2.
James Lowe è cambiato, ha subito un metamorfosi, gioca più indietro, da secondo estremo e a 31 anni e mezzo ha migliorato il suo gioco al piede e spara missili arricchendo il già vasto repertorio dei verdi. Ogni tanto ricorda di essere anche un back pericoloso, da una meta ogni due partite, compito che può risultare agevole quando quattro avversari (azzurri) non riescono a fermare il maori dai capelli lunghi come quelli degli antichi guerrieri spartani.
Gatland.
Warren non ha un vasto repertorio di espressioni: di solito ha le labbra molto serrate che disegnano una linea. Gli occhi sono fissi su quel che succede. Con quelli che ha a disposizione, sta confermando il suo status di stratega: un inseguimento mancato di un punto e un match, a Twickenham, condotto sempre davanti, sino al 71’.