Mettiamola così, tanto per avere un quadro temporale, quando Mirco Spagnolo ha iniziato a giocare a rugby, Dan Cole (108 cap), il pilone dell’Inghilterra che si è trovato davanti sabato all’esordio nel Sei Nazioni, giocava in nazionale già da cinque anni. Così, tanto per dire. Epperò prima mischia e calcio a favore di Spagnolo. “Vabbé ho avuto fortuna – dice con un sorriso sornione – non si sa mai come può andare. Io poi devo lavorare tantissimo ancora e soprattutto dare retta a quello che mi dicono gli allenatori”. Uno su tutti, Moro, soprannome di Andrea Moretti, il coach della mischia azzurra. “Cose che gli ripeto ogni volta perché tende a dimenticarsene. Eppure è dall’Accademia, dall’Under 20 che gli ripeto i tre fattori chiave per una corretta posizione al momento dell’ingaggio. Chiedeteglieli, vediamo se se li ricorda”. Se li ricorda, almeno qui, oggi, sul campo del Centro Coni Giulio Onesti dove gli azzurri stanno preparando Irlanda-Italia, secondo appuntamento del Sei Nazioni 2024. “Certo con tutte le volte che me li ha detti. Primo la posizione dei piedi, secondo la posizione del culo, si può dire culo?, insomma devo stare con il busto allineato e vicino al tallonatore. Poi c’è la gamba esterna che non deve essere già tesa”. “Perché se è tesa – spiega Moro – quando spingi sei portato a ruotare verso l’interno della mischia e becchi il calcio di punizione”.
Mirco Spagnolo ci aveva raccontato la sua storia, le sue speranze, un anno fa al raduno in preparazione per il Sei Nazioni 2023. Ecco l’articolo uscito su AllRugby. Un anno dopo il sogno si è avverato.
Una sfida personale per provare a scendere a patti con il dolore, la vita che deve andare avanti su un campo di rugby, il desiderio di tenere vivo il ricordo di un figlio volato via troppo presto facendo giocare i ragazzi della sua terra. Così nel 2007 è nato il «Checco Camposampiero Rugby», territorio dell’Alta padovana, quando Antonio Cavallin ha deciso di passare oltre alla tragica scomparsa del suo Francesco e regalare ad Attilio, il fratello maggiore, la possibilità di svagarsi inseguendo i pazzi rimbalzi di un pallone ovale.
Nel 2015 al campo di allenamento, a stagione iniziata, si presenta un ragazzo che si era stufato di giocare al calcio e si era messo sulle tracce del “moroso” della sorella che aveva iniziato a frequentare il rugby nella squadra del paese. Quel ragazzo adesso sogna di mettere piede dentro al Sei Nazioni. La storia di Mirco Spagnolo, 21 anni e 110 chili di muscoli da portare a spasso sul prato, inizia per caso in quel paese di dodicimila abitanti e finalmente dà un senso alla sfida di Cavallin. Pilone sinistro del Petrarca Padova, il Top 10 come palestra per crescere, fino alla chiamata di Kieran Crowley, al warm up con la Nazionale A, a una scelta di basso profilo fatta dopo essersi fatto le ossa nel Valsugana, passando per l’avventura in Accademia a Remedello prima dell’approdo nel Petrarca: «C’è chi cresce in fretta – spiega Spagnolo – e ha le qualità per puntare subito a una franchigia o a un’esperienza all’estero dopo il percorso formativo nelle giovanili e chi, come me, ha ancora bisogno di accumulare minuti, di crescere tecnicamente e, soprattutto, di giocare. Se avessi forzato per andare a Treviso o nelle Zebre una volta terminato il cammino in under 20, magari mi sarei trovato in un contesto di alto livello, ma avrei faticato a conquistarmi un posto in campo. E allora sono convinto di aver fatto la scelta giusta e questa convocazione in azzurro dà un senso inatteso e incredibile alla mia decisione». Una decisione che coinvolge anche gli affetti, la famiglia, casa: «E sì – racconta -volevo stare vicino a casa anche perché mio padre ha un bar in centro a Camposampiero e si è stancato di tirare la carretta. Così, quando posso, la sera vado al locale a dargli una mano».
Adesso tutto è una novità, il solo esserci è inebriante: «Nel mio ruolo c’è una grande concorrenza, davanti ho Fischetti, Zani e Rizzoli e so che sarà difficile giocare un solo minuto nel Torneo. Ma voglio sfruttare ogni momento, ogni attimo, ogni allenamento per vivere un’esperienza che per me vuol dire felicità. Certo se penso alla possibilità di poter giocare anche solo 5 minuti a Twickenham già mi viene la pelle d’oca. Tanta roba, eh. Tanta roba… Comunque adesso sono consapevole che mi hanno chiamato per stare in gruppo la prima settimana e questo già mi basta. Devo accumulare esperienza, fare un passo alla volta, ce la devo mettere tutta per sfruttare quella che ritengo un’opportunità eccezionale per la mia carriera».
Pilone fino al midollo, un ruolo che sembra gli sia stato cucito addosso: «Iniziamo dai difetti – confessa -: sono carente nel placcaggio, ci sto lavorando tanto e i frutti si iniziano a vedere, ma devo migliorare. Invece mi esalto in mischia chiusa, ho un bel fiuto quando si tratta di andare a cacciare palloni nel breakdown sia in attacco, sia in difesa. Anche se il massimo è portare avanti il pallone e la cosa mi riesce abbastanza bene».
Oltre il rugby ci sono gli amici del Checco Camposampiero, il bar di papà, l’Inter e… «Non può esserci molto altro, mi sto affacciando adesso nel mondo e voglio dedicarmi a quella che oltre a una grande passione sta diventando la mia vita. Non ho tempo per dedicarmi a una morosa, per uscire la sera con gli amici, per fare quello che fanno i ragazzi della mia età. Ma ho il rugby e adesso questo mi basta».
E un sogno che affolla i pensieri, disegnato dentro Twickenham: « Dicono che i piloni siano lenti a maturare e credo che con me questa regola sia confermata. Sono ancora acerbo come giocatore di alto livello e non credo che questo sia un difetto, perché vuol dire che posso ancora aggiungere tanto al mio bagaglio tecnico».
Al Checco Camposampiero Rugby, intanto, sono pronti a fare le valigie per seguire il sogno del loro eroe a due piazze.
Nella foto, un po’ di vitamine per Mirco Spagnolo prima dell’allenamento al “Giulio Onesti” di Roma (Foto Angelica Agosta/AllRugby)