Francia, Galles e Irlanda per ora non ne avevano voluto sapere: niente nome del giocatore sulla maglia, sopra il numero. “Noi eravamo contrari – ha detto il vicepresidente della Federazione francese, Jean-Marc Lhermet a Midi Olimpique – soprattutto per preservare una certa filosofia peculiare del rugby, quella di essere uno sport preminentemente collettivo, dove la maglia non appartiene a nessuno. Il gruppo, e l’entità squadra, sono più forti dell’individuo, e questo non va certo nella direzione di mettere il nome dei giocatori sulle maglie”. Ma ora le cose cambiano, il comitato organizzatore del Sei Nazioni ha deciso che il nome ci deve essere. “Più un’imposizione che una raccomandazione”, dice ancora Lhermet.
La ragione sembra dettata da questioni di marketing, di identificazione del pubblico con i giocatori quando c’è da comprare una maglia. L’Italia, l’Inghilterra e la Scozia nel Sei Nazioni dello scorso anno il nome lo avevano già, e effettivamente una delle maglie più vendute negli shop italiani è stata quella di Capuozzo, con tanto di nome stampato sopra il numero 15, anche nelle taglie bambino. D’altronde, come raccontava Jacques Brunel, a Perpignano quando arrivò Dan Carter e la squadra allenata dall’ex ct azzurro vinse lo scudo di Brenno, la vendita delle magliette con il 10 e il nome Carter quasi ripagò l’investimento di quell’ingaggio.
Il nome sulle maglie è vecchia questione nel Sei Nazioni, ma lasciata finora all’iniziativa delle varie nazionali. Il Galles l’aveva sperimentato ben sedici anni fa in un match del torneo del 2008, Scozia e Inghilterra lo avevano usato nel 2022 nelle Autumn Series. Ma ora lo dovranno fare tutte le nazionali del Torneo. “D’altra parte se è vero che la filosofia del gruppo rispetto all’individuo ci sta a cuore – ha detto ancora Lhermet a Midi Olimpique – è anche vero che c’è la volontà di rendere il nostro sport più popolare rivolgendoci a nuove persone, che forse conoscono meno il rugby, i suoi giocatori e i suoi codici. Se vogliamo accrescere l’interesse e parlare a questi nuovi supporter mettere il nome sulle maglie più aiutare e rendere più democratico, meno aristocratico, il nostro sport”.
Nella foto i giocatori azzurri il 5 febbraio dello scorso anno raccolti in gruppo prima dell’incontro con la Francia (Foto Federugby/Getty Images)