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Mi si chiede da ex arbitro internazionale e da ex citing commissioner con esperienza di Coppa del Mondo, di giudicare queste belle immagini catturare sul campo da Daniele Resini. Non si evidenza un fallo? E quanti di questi impatti avrebbero dovuto essere sanzionati e sono stati ignorati?

Il tema dell’antigioco è stato predominante in questa RWC e l’innovazione della figura del bunker a supporto delle decisioni arbitrali, forse ha suscitato più polemiche che effettivi riscontri disciplinari. Ricordiamoci però che sebbene sembrino tanti – 8 minuti – a mio avviso non sono sufficienti a prendere decisioni così importanti, (cartellino giallo che può tramutarsi in rosso).

Da citing commisioner ai Mondiali del 2015, per esempio, avevamo  disposizione 33 telecamere, compresa quella indossata dall’arbitro, e 24 ore per prendere una decisione. Nelle sequenze proposte, i diversi fermo immagine sono certamente da considerare come interventi pericolosi. Frazionare frammento per frammento impatti da “caccia all’errore” arbitrale però può solo condurre a polemiche.

Certo ci sono errori di giudizio gravi e altri meno gravi. Ma ogni azione sul campo di difficile interpretazione regolamentare va vista nel suo completo contesto. Nelle due semifinali dello Stade de France ci sono stati complessivamente poco meno di 600 placcaggi in totale. Mi domando: quanti calci di punizione sarebbero stati concessi grazie all’uso dei fermo immagine? E non mi riferisco solo al placcaggio, ma anche all’area del break down e a tutte le altre fasi di gioco.

Certo arriverà di sicuro il giorno in cui ogni azione verrà analizzata in tempo reale al video da un programma di intelligenza artificiale, capace di decretare in una frazione di secondo se il gesto, qualunque gesto, era passibile di punizione o meno. Quel rugby, arbitrato dalla tecnologia, non potrà essere giocato da umani.

Dall’alto, contatto Mo’Unga-Boffelli molto sospetto, al centro Aldritt contro Kolbe, in basso Ioane contro Facundo Isa (Foto Daniele Resini – Fotosportit)

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