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La sconfitta della Francia sono le facce dei colleghi in sala stampa, sono i volontari che non sanno dove guardare, sono le lacrime di Galthié dietro i suoi occhiali diventati un must per migliaia di tifosi. La sconfitta della Francia è lo sguardo perso nel vuoto di Antoine Dupont, il capitano morto e risorto per celebrare una vittoria che non arriverà più, persa insieme alla lucidità di Jalibert, di Penaud, di Ramos che si fa stoppare da Kolbe una trasformazione che poteva valere la vittoria. Ed è la conferenza stampa post match trasformata in una veglia funebre, dove si prova a dire che l’arbitro ha fatto male il suo lavoro. “Abbiamo rivisto le immagini al video, c’è grande frustrazione”, dice Dupont. Galthié conferma la frustrazione, ma ci ripensa e loda i suoi avversari: “Sono una grande squadra”.

Strano sport il rugby. Si basa sul collettivo, sui meccanismi dei quindici in campo, ma alla fine ci vuole un leader, qualcuno che porti gli altri dove bisogna andare. E se non c’è, o perde la direzione, la squadra si sgonfia. Come accaduto per l’Irlanda di Sexton accade per la Francia di Dupont. C’è un momento nella conferenza stampa che spiega tutto e tutto raccoglie. Galthié si volta verso il suo capitano, seduto a fianco, e accenna a un suo errore di distribuzione del pallone. Altro che arbitro, la frustrazione è non aver scelto per il bene di tutti, aver creduto che Antoine fosse lo stesso delle prime partite, di sempre.

29-28 il risultato finale. Il Sudafrica raggiunge la semifinale grazie a quattro mete (Arendse, De Allende, Kolbe, Etzebeth), la Francia ne fa solo tre (Baille 2 e Mauvaka). Una semifinale e forse un’altra finale dopo quella di Yokohama di quattro anni fa stravinta contro l’Inghilterra che intanto affronterà sabato prossimo qui allo Stade de France nella seconda semifinale di questo mondiale. La prima sarà Argentina-Nuova Zelanda.

La conferenza stampa dei perdenti è la prima, la Francia ritarda. Spiegano che negli spogliatoi c’è il presidente Macron, era venuto per celebrare un trionfo annunciato, deve cambiare in corsa gli appunti, ma è una buona scusa per assorbire lo smarrimento della disfatta, dare più tempo per riordinare le idee. Magari capire come sia stato possibile perdere tutto per un punto. I milioni di spettatori delle tv per le due partite che restavano, i milioni di euro degli spot, lo share che faceva invidia a quello della Rai per Sanremo. “Il nostro primo pensiero è andato a tutti i nostri supporter, alle migliaia di persone dietro a noi, dietro questa avventura”, dice ancora Fabien Galthié con un filo di voce. Ma che tradimento per chi ha fischiato tutta la partita ogni decisione dell’arbitro, per chi ha reso lo Stade de France uno stadio calcistico, con un cartellino giallo chiesto dalle tribune con boati assordanti. Inutile. Quel cartellino arrivato alla fine del primo tempo (Etzebeth), che ha dato 10 minuti di superiorità numerica ai francesi all’inizio della ripresa non è servito a niente, nemmeno un punto segnato. E’ lì che il Sudafrica ha costruito la vittoria e la Francia aperto la strada alla sconfitta. “Ci siamo stretti l’uno all’altro per affrontare quei minuti in 14 contro 15”, dice il capitano sudafricano Siya Kolisi.

Il Sudafrica vince perché forse è più maturo, perché ha giocato più partite a eliminazione diretta, più finali. “Per noi era la prima”, dice Antoine Dupont. Ma anche perché ha sfruttato ogni pertugio che si è aperto: “Cosa volete che vi dica? Era un test match e noi abbiamo segnato quattro mete”, dice Jacques Nienaber, allenatore sudafricano. Più che un test match un’altra finale dopo Irlanda-Nuova Zelanda, ma con un’intensità ancora maggiore, se mai fosse stato possibile. La Francia del “bel gioco che ci divertiamo a giocare” come predicato da Galthié negli ultimi quattro anni di fatto va in meta con un pilone e un tallonatore, il Sudafrica con tre trequarti e una seconda linea. Saranno anche solo fisico e aggressività, ma hanno frecce che sul campo lasciano gli altri fermi. Sarà bello vederle all’opera con gli inglesi. Che altri match ci aspettano.

Nelle foto la disperazione dei vinti e la gioia dei vincitori, Antoine Dupont che calcia, Cheslin Kolbe che attacca (Foto di David Ramos – World Rugby/World Rugby vía Getty Images) 

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