Mario Diani dalla Nuova Zelanda
Australia v Scozia 14-12
Il weekend si è aperto a Whangarei con Australia-Scozia, un incontro che almeno per le scozzesi, attese la prossima settimana dalle Black Ferns, rappresentava l’ultima opportunità per rientrare in corsa per la qualificazione. Il match ha visto il predominio australiano nel possesso, particolarmente accentuato nel primo tempo, cui la Scozia ha risposto però con un’ottima difesa e con un buon controllo territoriale. L’Australia ha mosso spesso la palla al largo ma senza particolare inventiva ed anzi con scelte spesso discutibili. Una Scozia più ordinata, in grado di reggere in mischia e di controllare la propria rimessa laterale, nonostante qualche sbavatura, ha sfruttato due volte con efficacia la rolling maul da penal touche e ha chiuso il primo tempo in vantaggio, 12-0. Nella ripresa l’Australia è salita lentamente di tono. La mischia scozzese ha cominciato a mostrare segni di fatica mentre gli avanti australiani, guidati dal pilone Karpani, player of the match, aprivano buchi nella difesa scozzese, che ha finto per capitolare due volte tra il 50’ e il 73’. La precisione dell’estremo Cramer ha messo l’Australia avanti di due punti (14-12). Nel finale succede di tutto, l’espulsione nel giro di cinque minuti dei due tallonatori australiani sembra dare un’ultima occasione alla Scozia ma la sterilità in fase offensiva condanna le scozzesi alla seconda sconfitta di misura, in un torneo che avrebbe potuto andare molto diversamente.
Usa v Giappone 30-17
Subito dopo, gli USA sudano le proverbiali sette camicie per avere la meglio di un Giappone ben organizzato e più preciso rispetto alla partita contro il Canada. In svantaggio 3-5 alla pausa, dopo un primo tempo giocato in parte in inferiorità numerica, con numerosi errori di controllo del pallone e moltissimi falli, le americane si sbloccano nella ripresa, assicurandosi la vittoria soltanto nell’ultimo quarto di gara. Gli Usa hanno confermato peraltro buona parte dei limiti evidenziati contro l’Italia: una linea arretrata portata allo scontro più che al gioco organizzato, una mischia che ha tentato di mettere sotto il Giappone sul piano della forza bruta, riuscendoci solo molto occasionalmente, e numerose incertezze difensive. Queste hanno offerto molteplici opportunità alle trequarti giapponesi, molto veloci ed elusive. Il Giappone ha mostrato invece incertezze nella gestione tattica della partita, ad esempio non piazzando un calcio di fronte ai pali che al momento l’avrebbe portato sul 13-13, e che soprattutto ne avrebbe aumentato le chances di bonus difensivo (tanto meglio per noi). Ha insistito invece su una rolling maul che è stata regolarmente stoppata dalle americane. Per contro gli USA hanno saggiamente piazzato alla fine del primo tempo. In questo modo sono riuscite a rientrare in parte nel punteggio (3-5) prima della pausa, in una partita che dal loro punto di vista ha ricalcato un po’ – al contrario – l’andamento di quella persa contro l’Italia.
Inghilterra v Francia 13-7
La giornata si è chiusa con quello che indubbiamente (con tutto il rispetto per le Black Ferns) è stato il big match della fase di qualificazione. La Francia non è riuscita ad interrompere la serie ormai in doppia cifra di sconfitte consecutive contro l’Inghilterra, complice anche un avvio sfortunatissimo in cui in meno di 20 minuti ha perso sia Sansus (ginocchio) che Romane Menager (trauma cranico). L’Inghilterra ha dominato possesso e territorio, anche grazie ad un gioco al piede migliore – l’estremo francese Jacquet, in serata no sulla ricezione, e anche l’apertura Drouin, meno precisa del solito nei calci tattici. La Francia ha difeso a lungo eroicamente ma è entrata soltanto sporadicamente nella metà campo delle inglesi. Queste però non sono riuscite a trasformare la pressione in punti. L’unica meta è stata realizzata da Scarratt al 24’ dopo 10 minuti di stazionamento nei 22 avversari. La stessa Scarratt ha calciato due punizioni, rinunciando però in molte occasioni a punti facilissimi in favore di penal touche senza esito. Questa prodigalità ha consentito alla Francia di riaprire la partita al 65’ con un buco della quasi debuttante (nel 15) Grisez concluso da Hermet. Gli ultimi quindici minuti hanno visto un’Inghilterra nervosa ed insolitamente prona all’errore, con la Francia che però non è riuscita a trovare la compostezza necessaria per ribaltare il risultato. Match finito 13-7, con bonus difensivo per le transalpine.
Nuova Zelanda v Galles 56-12
Il giorno dopo l’azione si sposta ad Auckland, in un Waitakere Stadium che si riempie (e neanche del tutto, 3.300 presenze su 5.000 circa possibili) soltanto per l’incontro tra le Black Ferns e il Galles. La Nuova Zelanda soffre inizialmente la mischia, e più in generale la pressione gallese, poi si sblocca e segna quattro mete in 11 minuti, cui il Galles riesce a rispondere soltanto allo scadere del primo tempo. Alla ripresa delle operazioni le neozelandesi chiudono definitamente il match con tre mete in otto minuti (saranno dieci in tutto alla fine), mentre il Galles aspetta anche in questo caso sino alla fine della frazione per una segnatura isolata. Finisce 56-12 un incontro in cui l’aggressività gallese ha portata in certe fasi la Nuova Zelanda a commettere vari errori di handling, senza però impedire che alla fine la combinazione di classe e potenza atletica delle Black Ferns finisse per prevalere.
Figi v Sudafrica 21-17
Le partite tra Italia e Canada e tra Figi e Sudafrica attraggono invece – spiace dirlo – “folle” degne del Lanfranchi se non del Top 10. Forse leggermente più numeroso – e rumoroso – il gruppo che segue lo scontro tra le due cenerentole del gruppo C, cosa peraltro ovvia vista la consistenza della comunità figiana in Nuova Zelanda. Figi e Sudafrica hanno dato vita ad un incontro agonisticamente spettacolare, giocato ad un ritmo elevatissimo e con un tasso di errori e scorrettezze altrettanto alto – non semplice da gestire per la nostra Clara Munarini. La partita è rimasta in equilibrio (14-14) sino agli ultimi minuti, riservandoci un finale pirotecnico: dopo un calcio assai semplice fallito da Figi, uno analogo viene trasformato dal Sudafrica. Alla ripresa, Figi ricupera palla: l’ennesima penetrazione del pilone figiano – e player of the match – Rasolea avvia l’azione che si conclude sotto i pali per il 21-17 finale che sancisce la prima storica vittoria delle isolane in coppa del mondo.
Canada v Italia 22-12
La domenica era iniziata con una partita di grande intensità tra Canada ed Italia. Approccio all’incontro anche questa volta difficile per le Azzurre: alla defezione nota di Lucia Gai si aggiunge quella di Sara Tounesi che non ha passato il test post-concussion. Sono due assenze di peso in una partita che sarà caratterizzata dalla predominanza fisica delle canadesi. Si inizia nella maniera migliore per le azzurre, con Vittoria Ostuni Minuzzi che conferma le sue enormi doti di attaccante marcando la quarta meta nelle ultime cinque partite in maniera analoga a quella segnata contro il Canada a fine luglio. Dopodiché le Canadesi prendono progressivamente il sopravvento nelle fasi statiche e nel gioco al piede, marcando due mete per tempo e portandosi al 56’ sul 22-5. A questo punto, mancando più di venti minuti e con gli avanti in palese affanno, si sarebbe potuto temere un collasso nel punteggio. Oltre alla prestazione difensiva, ancora una volta notevole su tutti gli ottanta minuti, è invece un grande merito delle Azzurre aver superato il momento difficile per chiudere la partita in attacco (88% di occupazione del territorio negli ultimi dieci minuti), marcando con Giordano la meta che con la trasformazione di Sillari riduce il passivo a soli dieci punti. Rimane il rammarico per alcune penetrazioni in profondità dei nostri trequarti non finalizzate per errori di passaggio o per assenza di sostegno adeguato; nonché per un calcio in posizione centrale sotto i pali nel primo tempo, non piazzato (pare per il vento) a favore di una penaltouche che non ha portato a nulla. Avrebbe potuto dare un punto di bonus difensivo utilissimo al fine del passaggio ai quarti.
La situazione prima dell’ultima giornata
A proposito di qualificazione, i risultati delle prime due giornate hanno chiarito un poco la situazione. In primo luogo, il mancato ottenimento del bonus nella vittoria contro le Springbok elimina sostanzialmente le chances di Figi di proporsi come migliore terza (dovrebbero battere la Francia nel prossimo turno, e non accadrà). Nel girone A, la vincente tra Australia e Galles si assicurerà il secondo posto mentre la perdente passerà ai quarti tra le migliori terze (visto che la Scozia non batterà la Nuova Zelanda). Nella pool B, invece, per assicurarsi il passaggio ai quarti l’Italia dovrà battere il Giappone. Una vittoria – anche senza bonus – sarebbe sufficiente; quanto alla collocazione – come seconda di pool o come una delle migliori terze, e in quale posizione – è difficile dire quale sarebbe la più favorevole per le Azzurre, visto che dipende dalla posizione in cui si qualificheranno le altre squadre. Troppe le combinazioni possibili perché valga la pena ragionare su possibili scenari. Quello che è certo è che una sconfitta con il Giappone senza punti di bonus da parte nostra, e con bonus offensivo per le nipponiche, ci permetterebbe di passare come migliore terza soltanto nel caso di una sconfitta senza bonus degli USA contro il Canada. A quel punto finirebbero tutte e tre le squadre a cinque punti, e la differenza tra punti segnati e subiti premierebbe noi (a patto di una sconfitta entro i 25 punti con le giapponesi). È uno scenario decisamente rischioso. Molto più sicuro battere il Giappone, e chiudere la pratica senza attendere l’esito del derby nordamericano che seguirà la nostra partita. Non sarà facile – il Giappone è una buona squadra – ma mantenendo la concentrazione si tratta di un esito certamente alla nostra portata.
Nella foto (Phil Walter/Getty Images) un break di Michela Sillari contro il Canada.