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Nonostante le dichiarazioni di allenatori e capitane che confermano la centralità del torneo “a prescindere”, è inevitabile che l’approccio al Sei Nazioni di quest’anno tenga conto della coppa del mondo in calendario in Settembre. Le formazioni con cui Inghilterra e Italia scendono in campo a York non fanno eccezione, ispirate come sono al principio della rotazione (termine peraltro non amato dal coach inglese John Mitchell, che preferisce parlare di “one team operating as two”) e della gestione oculata delle risorse (nel nostro caso, scarse risorse) disponibili. Non si vedono allora tra le 23 Red Roses giocatrici che in una finale mondiale sarebbero probabilmente nel XV di partenza come l’ala Dow o il mediano di mischia Hunt, mentre trovano spazio atlete poco utilizzate come l’estremo Sing, l’ala Venner, o la seconda linea Ives Campion. Tra le azzurre sono tenute a riposo alcune veterane come Arrighetti, Sillari e Giordano (le ultime due vittime della fisicità – spesso sopra le righe – inglese, rispettivamente nel 2024 e nel 2023); l’unica novità rispetto al recente passato è data dalla presenza in panchina del mediano di mischia Alia Bitonci del Valsugana, messasi in luce sia con l’U20 che in campionato.

Giordana Duca vince una touche (Foto Federugby/Federugby via Getty Images)

Gli interrogativi della vigilia non riguardano, al di là delle frasi di circostanza, il risultato, ma come si materializzerà il successo inglese. Il bilancio è pesante, con una media di 3,5 punti all’attivo e 45 al passivo, e due sole mete segnate negli otto incontri disputati dal passaggio delle inglesi al professionismo nel 2018. Si tratta di vedere se l’attenzione alla dimensione offensiva per cui è noto il nuovo head coach Fabio Roselli si sarà già trasmessa alla squadra nonostante il poco tempo passato insieme. Questo dipenderà anche dalla rimessa laterale, con il lancio affidato questa volta a Silvia Turani invece della convenzione che assegna il compito alla tallonatrice di turno (azione in cui né Gurioli né Vecchini, entrambe efficacissime nelle altre fasi del gioco, hanno sinora pienamente convinto).

Le azzurre concentratissime al momento dell’Inno a York contro le Red Roses (Foto Federugby/Federugby via Getty Images)

L’inizio della partita è di grande sofferenza, un passaggio fuori misura di Rigoni porta immediatamente le inglesi nei nostri 22. Nonostante una buona difesa italiana arrivano due mete in rapida successione con Venner e Scarratt, entrambe trasformate impeccabilmente da Sing che si conferma piazzatrice di grande qualità. Al 7’ il punteggio dice 14-0, con la mischia in particolare sotto fortissima pressione (troverà un equilibrio soltanto nel secondo tempo, con l’ingresso di Maris a destra), che costringe Sofia Stefan a fare gli straordinari per estrarre palloni giocabili. In una di queste occasioni un tentativo di contrattacco dalla chiusa nei 22 porta a una rimessa laterale da cui il drive inglese va oltre la linea. Pare per un attimo che la marcatura sia da invalidare, avendo Galligan perso il controllo al momento di schiacciare, ma il TMO ravvisa (con una certa dose di creatività, almeno ci pare) un fallo di Gurioli che avrebbe cambiato legatura. Dal momentaneo sollievo si passa alla meta tecnica con giallo che potrebbe affondare le azzurre (siamo al 21’, e si sta viaggiando a un punto al minuto per le inglesi). Le nostre invece si riorganizzano, difendono con ordine e conquistano alcuni buoni turnover, concedendo soltanto un’altra segnatura nel periodo di inferiorità numerica. Al suo ritorno in campo Gurioli trova le sue compagne accampate nei 22 inglesi; dopo alcuni drive da penaltouche infruttuosi sfonda Sgorbini (ottima la sua prova, insieme a quella di Duca, Veronese e delle avanti in generale). La maggiore qualità delle inglesi nel ricuperare le ripartenze da centro campo permette loro tuttavia di riportarsi immediatamente in attacco. Ancora una volta la difesa italiana regge, con Muzzo in grande evidenza. Purtroppo, un raro errore di Turani al lancio (troppo lungo) su una touche a cinque metri finisce per mandare in meta il tallonatore Cokayne, segnatura che chiude il primo tempo sul 33-5.

Secondo l’usuale copione degli ultimi anni, l’Inghilterra dovrebbe prendere il largo nella ripresa, specie tenendo conto di una panchina stellare che annovera giocatrici come i piloni Bern e Botterman, la seconda linea Ward e l’estremo Kildunne, world player della scorsa stagione. Accade invece l’inaspettato: l’Italia si piazza nei 22 avversari, anche grazie a un gioco al piede sicuramente migliorato. Ci rimarrà per lunghe fasi, pur senza concretizzare (Sgorbini avrebbe in realtà marcato ancora da drive da rimessa laterale, ma la segnatura viene annullata per ostruzione di Veronese). Se nelle attese la panchina inglese avrebbe dovuto completare la distruzione della squadra italiana, alla fine saranno le finisher italiane a dare il contributo maggiore (da menzionare in particolare il graditissimo ritorno di Giada Franco dopo quasi due anni di assenza dall’azzurro, e il positivo esordio di Alia Bitonci – dinamica anche se forse un po’ frenetica nella gestione alla mano di alcune punizioni che avrebbero potuto portare buoni guadagni territoriali se calciate in rimessa laterale). Il punteggio rimane sullo 0-0 sino al 79’ (e non perché le inglesi si siano rilassate, come sottolinea Sofia Stefan in conferenza stampa). Anche dopo la meta del 38-5 finale segnata da Sing l’Italia continua a provarci, ma un in-avanti vanifica l’ultimo attacco azzurro.

Si chiude così, con il minimo scarto subito dal 2017, un incontro che lascia molte indicazioni positive: sulla compattezza complessiva della squadra, sulla disciplina (solo 10 punizioni concesse contro 14 delle inglesi), sulla capacità di reagire alla pressione di avversarie più fisiche (un’abilità peraltro già mostrata al WXV), e sull’intento di sviluppare manovre offensive pur avendo raramente un possesso di qualità. Da rivedere in vista dei prossimi incontri la difesa individuale (le inglesi hanno mancato il 6% dei loro placcaggi, 11/178, noi il 28%, 54/195) e, ancora una volta, le fasi statiche. In particolare, alternare Turani e Vecchini al lancio in rimessa laterale invece di insistere su un solo lanciatore non sembra aver funzionato: la statistica ufficiale di 5 rimesse laterali perse su 20 è generosa perché non considera i palloni conquistati in maniera, per così dire, “rocambolesca”. Nel complesso, però, Fabio Roselli può essere soddisfatto del suo esordio sulla panchina azzurra.

Inghilterra – Italia 38-5 (33-5)
Marcatrici:  3’ Venner mt Sing (7-0), 6’ Scarratt mt Sing (14-0), 21’ meta tecnica (21-0), 29’ MacDonald mnt (26-0), 33’ Sgorbini mnt (26-5), 37’ Cokayne mt Sing (33-5), 79’ Sing mnt (38-5).
Inghilterra: Sing; Venner (67’ Kildunne), Scarratt, Aitchison, MacDonald; Rowland (61’ Shekells), L Packer (67’ Robinson); Clifford (51’ Botterman), Cokayne (61’ Campbell), Muir (51’ Bern), Galligan (61’ Ward), Ives Campion, Aldcroft (cap), M Packer (55’ Kabeya), Feaunati.
Italia: Ostuni Minuzzi; Muzzo, D’Inca, Rigoni (72’ Capomaggi), Granzotto (23’-31’ Vecchini); Madia (22’ Stevanin), Stefan (cap, 65’ Bitonci); Turani (65’ Stecca), Gurioli (48’ Vecchini), Seye (49’ Maris), Fedrighi, Duca, Veronese (55’ Franco), Locatelli (40’ Tounesi), Sgorbini.
Cartellino giallo: 21’ Gurioli (ITA)
Arbitro: Precious Pazani (ZIM)

Nella foto di apertura Sofia Stefan esulta per la meta di Francesca Sgorbini (Foto Federugby/Federugby via Getty Images)

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