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Il Galles si ferma a un centimetro da quella che sarebbe sarebbe stata una clamorosa resurrezione. Il successo al Principality Stadium invece regala all’Irlanda la Triplice corona e la lascia in corsa non solo per la vittoria finale nel Torneo ma anche per il Grande Slam. Tutto si deciderà verosimilmente contro la Francia tra due settimane a Dublino.

Il tuffo di Thomas Rogers che  ha dato il provvisorio vantaggio al Galles, 18-10, all’inizio della ripresa (©INPHO/Ben Brady)

A Cardiff è andato in scena un match ad altissima intensità che gli irlandesi hanno vinto grazie alla loro capacità di gestire con esperienza e lucidità i momenti decisivi della partita. Più a loro agio quando si è trattato di accelerare e dare agli attacchi ritmo e velocità. Ma, soprattutto, nel primo tempo, la mischia del Galles aveva messo alla frusta quella degli ospiti, puniti con quattro calci di punizione per i crolli della prima linea.La formazione in maglia rossa ha mostrato qualità che parevano perdute negli ultimi mesi: la partenza di Warren Gatland, dopo  la sconfitta subita dai Dragoni a Roma, sembra aver tolto il coperchio alla fantasia della squadra che ha messo a segno due mete e costruito moltissime azioni in velocità, l’ultima a quattro minuti dalla fine, con l’Irlanda avanti di sei punti, si è fermata a un centimetro dalla linea di meta, la distanza che ha separato il pallone dalla linea bianca sul tuffo dell’esordiente Ellis Mee. Azione vista e rivista alla moviola, prima che l’arbitro decidesse di non convalidare il touch down che in un primo momento aveva considerato valido.

Irlanda irresistibile nei primi minuti del match, a confermare un pronostico che la voleva nettamente favorita: “l’Irlanda vincerebbe anche in 13”, aveva detto qualcuno nei giorni scorsi a Dublino solleticando l’orgoglio di un Galles ben diverso da quello visto all’Olimpico.

Conan subito in meta a concludere la pressione degli ospiti sotti i pali avversari. Poi ancora a punti con Prendergast.

Il Galles ha avuto il merito di non piegare mai la testa. Sotto la regia di Anscombe, richiamato all’apertura, trascinati dalle percussioni di Morgan, dalle cariche di Llewellyn, altro giocatore che Gatland aveva ignorato, con Ben Thomas rigenerato a numero 12 dopo due prestazioni insufficienti con la maglia numero 10, i gallesi hanno cominciato a muovere il pallone ponendo parecchi interrogativi alla difesa irlandese. Che all’improvviso si è trovata alle corde quando un placcaggio altro di Ringrose è stato punito con cartellino giallo, poi elevato dal bunker a rosso di 20’.

In superiorità numerica il Galles ha segnato due volte a cavallo del riposo: prima con Jac Morgan dopo una paziente serie di cariche ravvicinate e, subito dopo l’intervallo, con Rogers, spettacolare il suo tuffo alla bandierina dopo una splendida accelerazione verso il largo di Murray.

Al 50’ l’entrata in campo di Bundee Aki, al posto dell’espulso Ringrose, ha rivitalizzato la formazione irlandese che dopo aver accorciato le distanze con Pendergast ha pareggiato i conti con Osborne, su assist volante di Lowe innescato da un morbido cross al piede del numero 10.

La meta di Jamie Osborne, inutilmente contrastato da Tom Rogers, ha rimesso le squadre in parità  (©INPHO/Ben Brady)

Match ancora in bilico allo scoccare dell’ora di gioco. Ma negli ultimi venti minuti la maggior familiarità dell’Irlanda con la pressione del rettilineo finale si è concretizzata in una più attenta disciplina rispetto ai padroni di casa che hanno concesso tre calci di punizione determinanti.

La squadra di Easterby si è confermata gruppo difficile da affondare. Per il Galles, vittorioso venerdì sera con la U20, un lumicino in fondo al tunnel dopo 15 sconfitte consecutive.

Galles-Irlanda 18-27 (primo tempo 13-10)

Galles

Mete: Morgan (40’), Rogers (44’); tr: Anscombe (44’); cp: Anscombe (22’, 34’)

 Irlanda

Mete: Conan (6’), Osborne (55’); tr: Prendergast (6’); cp: Prendergast (20’, 48’, 66’ 69’, 77’)

Cartellini: Ringrose, giallo, poi elevato a rosso (34’)

Nella foto del titolo, i giocatori irlandesi festeggiano con la Triple Crown (©INPHO/Ben Brady)

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