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I due derby di fine anno sono sempre un termometro utile per verificare lo stato del rugby italiano. Non lo stato del movimento nel suo complesso, si intende, perché tra le due franchigie e le realtà di base, comprese quelle dei vari campionati di serie, A la cesura è ancora abbastanza netta. Tuttavia le due partite che nelle scorse settimane hanno messo di fronte Zebre e Benetton offrono l’opportunità di fare più di una considerazione su chi siamo e dove, nel medio periodo, possiamo andare.

·      I cinquemila spettatori del Lanfranchi per il derby di ritorno sono forse una delle note più rilevanti emerse dalla doppia sfida andata in scena a cavallo di Natale. Parma si muove? Il bando della Fir che mette di fatto in vendita le Zebre pare aver smosso un po’ le acque emiliane dopo anni di stasi totale. Se questo si trasformerà in un’offerta credibile (difficile però che raggiunga i 5 milioni per sei anni richiesti dalla federazione…) per tenere a Parma la franchigia federale, al momento non è chiaro. Si dice che Amoretti, attuale sponsor di maglia del club, sia disposto a farsi capofila di una cordata locale. Quanto solida, quanto motivata e quanto consistente non è ancora dato sapere. Ci vorrebbe il supporto di altri due/tre importanti marchi locali e (perché no?), magari, di Grassi, gran patron del Valorugby, per fare una filiera (campionato, Urc) tutta territoriale. L’alternativa è che si offra Padova. Tra due settimane, forse, si saprà.

Un’incursione di Rhyno Smith al Lanfranchi contro le Zebre (foto Stefano Delfrate)

·      Benetton esce dai due derby con i nove punti che gli servivano per tenere viva la classifica. Il sorriso di Marco Bortolami sulla porta dello spogliatoio del Lanfranchi dice che dal match di ritorno, dopo il controverso successo conquistato all’andata, ha avuto le risposte che voleva, sia sul piano tecnico che caratteriale. La squadra ha vinto la partita quando, in svantaggio di due punti (10-12), si è trovata a giocare con due uomini in meno (Spagnolo e Izekor). La risposta, sul piano della personalità, è stata decisiva: le Zebre, pur in 15 vs 13, non hanno più avuto un pallone. E Brex ha segnato la meta del sorpasso con la squadra in doppia inferiorità numerica.

·      Il coach dopo la partita ha voluto sottolineare però anche la risposta tecnica dei suoi: “siamo partiti forte, con un movimento preparato – ha detto -: se a Smith non fosse sfuggita la palla al momento di schiacciarla a terra, avremmo segnato immediatamente e forse sarebbe stata un’altra partita. E abbiamo chiuso con un’altra azione costruita, per marcare la meta del bonus. Diciamo che abbiamo cominciato e finito come volevamo”.

Nacho Brex, qui nel match di andata, al Lanfranchi è entrato nella ripresa e ha messo a segno la meta del sorpasso del Benetton sulle Zebre. (foto Benetton Rugby)

·      Benetton non è ancora il prodotto finito, ma tre vittorie consecutive (compresa quella in Champions Cup con il Bath) dicono che, al di là di alcune difficoltà, la squadra c’è.

·      Nelle due partite, le Zebre hanno interpretato al massimo delle loro possibilità il ruolo di Davide contro Golia. Nel secondo tempo, il Benetton ha messo in campo 242 caps (Brex, Lorenzo Cannone, Creevy, Favretto, Spagnolo e Ferrari), contro i soli 45 delle Zebre, con Bigi. Troppo diverso lo spessore tecnico e fisico dello due squadre. Eppure a Massimo Brunello va riconosciuto il merito di riuscire a trarre dai giocatori che ha a disposizione il loro meglio: Licata dopo anni di infortuni e difficoltà sembra essere tornato un giocatore di livello internazionale, Zambonin è un contendente serio per una maglia azzurra in seconda linea, Simone Gesi un’ala imprendibile per i più, Hasa e Di Bartolomeo sono due ragazzi in crescita continua. E Bertaccini e Locatelli sono stati pescati dal campionato, dimostrando di poter stare molto bene in una categoria superiore. Nel futuro delle Zebre questo deve essere l’obiettivo: far crescere i giovani, dar loro spazio e possibilità di maturare. Sta finalmente succedendo, speriamo che la strategia non si perda per strada. Ma soprattutto che questi giocatori possano disporre di tutto ciò che è necessario per completare la loro formazione. Danilo Fischetti, dopo la partita, a Parma, lo ha detto a lettere chiare.

Gli arbitri: sul risultato dell’andata si è detto e scritto molto. Lo sport moderno esige un’esattezza che spesso contrasta con lo spirito del gioco. La tecnologia mette gli arbitri sotto la massima pressione, spingendoli a immaginare che ogni loro errore possa essere ingigantito da un’analisi dettagliata fatta al video dopo la partita. Non accade solo nel rugby, ma anche nel calcio con il Var. Vedovelli a Treviso ha immaginato di vedere (e forse ha visto effettivamente) un fallo che non avrebbe meritato comunque di decidere il match. Si può ancora interpretare il gioco senza diventare schiavi di un esame autoptico che tenga conto delle circostanze e non solo del dettaglio mostrato dal fermo immagine? Speriamo di sì.

·      Gonzalo Quesada sarà stato contento di vedere due partite combattute, magari non bellissime (soprattutto la prima) sul piano dei movimenti e delle strategie di gioco, ma disputate da due squadre aggressive in difesa e ben disposte alla battaglia individuale. La scorsa stagione, i due derby, finirono con un aggregato totale di 10 mete a 5 per il Benetton, l’anno prima il bilancio fu 12-3, stavolta è stato  5-3. Alle Zebre, in entrambe le occasioni, sono  mancate l’esperienza e la qualità necessaria per vincerle. Con più accortezza avrebbero potuto farle entrambe loro. Dati alla mano, sarebbe stato un miracolo sportivo. Benetton ha vinto pur commettendo ancora molti errori. La sintesi delle due squadre la vedremo al Sei Nazioni. Starà al ct fare in modo che sia una sintesi capace di alzare ulteriormente le prestazioni di ciascuno, Zebre e Leoni, United Colors a strisce tricolori.

Nella foto del titolo la meta di Simone Gesi al Lanfranchi (foto Stefano Delfrate)

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