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  • Innanzitutto che gli errori si pagano. “Almeno quattro delle mete dei Pumas sono nate da nostri errori o da palloni che erano in nostro possesso e abbiamo regalato agli avversari – ha detto Gonzalo Quesada dopo la partita -. Questo ha permesso loro di prendere fiducia e ha allargato il gap nel punteggio oltre i valori reali delle due squadre”.
  • Il secondo punto è che, almeno stando alle statistiche, l’emisfero sud è tornato a viaggiare a una velocità superiore all’Europa: in queste prime due giornate delle Autumn Nations Series, gli All Blacks, usciti piuttosto malconci dal Rugby Championship (tre sconfitte, non era mai accaduto), hanno battuto in trasferta l’Inghilterra e l’Irlanda, scusate se è poco. E l’Australia, la derelitta Australia, ha vinto a Twickenham infliggendo ai padroni di casa il secondo più alto passivo (42 punti) della loro storia, dopo i 50 punti subiti dalla Francia nel Sei Nazioni 2023. L’Argentina, la scorsa estate, ha battuto Nuova Zelanda, Australia e i campioni del mondo del Sudafrica, i sillogismi di solito non valgono nella pratica sportiva. Però alla luce delle precedenti considerazioni, il risultato di Udine ha una logica tutt’altro che banale.
Un attacco di Tommaso Menoncello nel match di Udine contro i Pumas (foto di Stefano Delfrate)
  • Il gioco. “Attaccare, alzare il ritmo, è nel dna di questa squadra – ha spiegato Quesada – noi non possiamo affrontare le partite in maniera speculativa”. Ma giocare ad alta velocità ci espone a un alto numero di errori. Molti dei quali sono stati frutto di “fuori giri”, mentre l’Argentina è sempre sembrata abbastanza in controllo delle operazioni. “Abbiamo continuato a picchiare sulla pietra, finche la pietra si è sgretolata – ha analizzato Felipe Contepomi, il coach dei Pumas -. Non è che nella ripresa abbiamo cambiato marcia – ha spiegato -, abbiamo raccolto il lavoro fatto prima”. Nella sostanza gli albiceleste sono sembrati più a loro agio con i ritmi del match e più pronti a reagire a situazioni estemporanee. L’Italia per lunghi tratti è sembrata essere costretta a fare le cose in apnea. Da qui i tanti dettagli andati storti, ha osservato il ct degli Azzurri. Se il ritmo si abbassa, l’Italia è meno pericolosa, ma rischia meno. Più la velocità del gioco si alza, più le cose diventano difficili. Anche l’Inghilterra, cui Steve Borthwick sta cerando di cambiare pelle, per offrire più spettacolo, attirare più pubblico sta cercando di rendere più vario il suo gioco. Per ora i risultati gli danno torto: cinque sconfitte consecutive.
  • Wrestling e dintorni. Il rugby rimane un gioco di duro confronto muscolare. Nel quale i Pumas ci hanno messo costantemente sotto pressione, recuperando parecchi palloni al contatto o grazie a placcaggi duri. Sotto questo profilo la sconfitta dell’Italia appare ancora più grave: alcuni aspetti tecnici si possono allenare, la battaglia fisica meno. E Capuozzo, nostra freccia più pericolosa in attacco, ieri ha subito il quarto infortunio con la maglia dell’Italia. Forse il suo talento andrebbe speso con maggior attenzione, sia in attacco che in difesa, dove non può essere lui il primo baluardo su un atleta (il pilone Sclavi) che lo sovrasta di almeno 50 chili.

  • Il gioco al piede. Visti in queste prime due giornate parecchi falli fischiati per ostruzione davanti al ricevitore del pallone, sui calci di spostamento degli avversari. La protezione non è più consentita. E per questo i palloni diventano più contestabili rispetto a una volta e per il loro recupero servono prontezza e attenzione. L’Argentina in questa area del gioco a Udine ci ha dato una lezione. Questo è un dettaglio che si può allenare.
  • Italia abbasta bene nelle fasi statiche, bene Allan, ordinato, preciso e razionale, quando è entrato al posto di Capuozzo. Ma, a parte Negri, manca l’uomo devastante nelle progressioni. Nonostante ciò c’è stata anche qualche buona occasione (azione in velocità Ioane-Lamaro, con palla che cade al capitano vicino alla linea di rimessa laterale; bella cavalcata di Ruzza, con passaggio a Brex su cui i Pumas sono stati bravi in copertura). Si torna a uno dei punti precedenti: giocare in velocità richiede attitudine e abitudini che gli Azzurri devono (e di molto) migliorare. Sulla carta, per battere la Georgia, le attuali qualità però dovrebbero bastare. O almeno lo speriamo.

Le foto di questo articolo sono di Stefano Delfrate

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