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Niente di personale, nessuno di noi ce l’ha con l’urlatore ufficiale assoldato per eccitare il pubblico durante le partite dell’Italia.

È che proprio quel tifo sguaiato, rilanciato dagli altoparlanti dello stadio, non si può sentire, da fastidio alle orecchie, irrita l’animo di chiunque abbia un minimo di spirito sportivo.

È sgradevole, è odioso. Altro che i fischi all’inno della Francia, ieri sera a San Siro.

Nemmeno il calcio, le cui tribune piene noi rugbisti guardiamo con invidia mista a un certo sussiego, si premetterebbe di aizzare il pubblico durante un’azione di una delle due squadre, urlando: “teniamoli lontani dalla nostra casa!”. Pensate se allo Juve Stadium, dove sabato saranno di scena gli All Blacks, lo speaker urlasse “bene così!” nel caso di un liscio di Barella e di un inciampo di Retegui. Il rugby che invita al silenzio quando vengono calciate ai pali le punizioni: “respect the kicker, please”.

Macchè “respect the kicker…”, facciamo sentire in diretta a tutti quanto siamo cafoni.

A Twickenham quando il gioco prende un certo vigore il pubblico intona Swing Low, Sweet Chariot, a Parigi irrompe la Marsigliese

A questo punto una proposta seria per sabato: mettiamo a bordo campo Elio con i suoi delle Storie Tese a cantare “Italia sì, Italia no”, puntando il microfono verso i tifosi per farli rispondere in coro “…ce ne freghiamo dell’haka…”.  O quando giocheremo con l’Inghilterra: “…la perfida Albione…”.

Dai facciamo uno sforzo e togliamo di mezzo questo obbrobrio del tifo ammaestrato. Per favore.

Si ringrazia Federugby per la foto del titolo

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