Lo dice Gonzalo Quesada al termine di Italia-Georgia, felice della vittoria ma un po’ deluso per come è arrivata. “Abbiamo avuto il 68% di possesso e il 79% di territorio, abbiamo seguito tanti assi di sviluppo del nostro gioco ma abbiamo fatto pochi punti. Possiamo giocare meglio e difendere meglio, è stata una brutta vittoria, ma una vittoria e questo è importante. La partita a ben guardare l’abbiamo resa noi complicata, la Georgia è una buona squadra ma in tutta la partita ha avuto solo due occasioni di segnare e ha segnato. Poi arrivi all’intervallo sul 17-6 per loro e ti chiedi: ‘Ora cosa dico per raddrizzare questa partita?’”.
Già, cosa dici a questi ragazzi che stanno giocando ogni pallone ma non raccolgono niente grazie alla bella difesa dei giorgiani, certo, ma anche alla scarsa penetrazione di alcuni uomini chiave, Monty Ioane su tutti, ma anche Trulla, Menoncello. Come ci fossimo adattati al loro ritmo blando salvo che loro, i georgiani, quando hanno spazio sanno come prendere velocità, dare sostegno, segnare mete bellissime. A cosa dire ci pensa Ignacio Brex, diventato capitano dopo due minuti per l’infortunio di Lamaro (spalla sinistra malconcia, da valutare se sublussazione o altro, comunque fuori alcune settimane). “Vedere il nostro capitano a terra dopo due minuti è stato un brutto colpo – dice il centro azzurro – ma in questi casi bisogna voltare pagina immediatamente. Far vedere che c’è una leadership in campo. E fuori. Così quando siamo rientrati nello spogliatoio sapevo che toccava a me parlare”.
E sapeva cosa dire. “Vi ricordate a Nizza con l’Uruguay? – dice Brex ai suoi – Siamo rientrati negli spogliatoi che eravamo sotto di 10 punti e poi abbiamo ribaltato il risultato. Dal 17-10 per loro al 38-17 per noi. Dobbiamo riprendere in mano l’incontro, ritrovare lo spirito di Nizza”. “Io c’ero a Nizza – dice Giacomo Nicotera – mi ricordo quel primo tempo e quando Nacho ci ha parlato mi sono detto: sì possiamo farcela”. “Sì lo spirito giusto era quello”, conferma Paolo Garbisi.
Solo che la Georgia è più forte dell’Uruguay e ribaltare il risultato è apparso più difficile del previsto. Loro difendevano bene l’Italia attaccava male. “Però io sono fiero dello spirito con cui hanno affrontato il secondo tempo – sottolinea Quesada -. Hanno carattere, certo ci sono cose che dobbiamo migliorare e allenamento dopo allenamento le miglioreremo, con i prossimi due diventeremo più efficaci nel gioco al piede e nella difesa”. Le statistiche dicono che abbiamo calciato 35 volte il pallone contro le 23 dei georgiani, ma anche che abbiamo fatto 247 passaggi contro i 57 della Georgia, poi, certo, più passaggi fai e più sbagli: 14 palloni buttati contro gli 8 dei georgiani.
Poi risalta un atteggiamento sui palloni calciati da noi e recuperati dagli avversari: nessuno salta per contendere, si tentano piuttosto improbabili schiaffetti indietro. “Sì non è quella la strategia che avevamo pianificato, piuttosto arrivare in due per fermare subito chi recupera”, dice Quesada cui quegli schiaffati non vanno giù.
Le statistiche dicono anche che avere più possesso e più territorio vuol dire costringere gli avversari a difendere di più, 255 placcaggi georgiani contro i 78 nostri, solo che l’Italia ne ha sbagliati 15 e molti di questi in una sola azione che ha portato alla seconda meta della Georgia. “Ripeto, metteremo a punto la difesa, noi siamo capaci a difendere, ricordate le 23 fasi di attacco senza subire punti con la Scozia lo scorso anno?”, dice ancora il ct.
Poi Quesada ha qualcosa da dire sui georgiani che ci hanno rallentato nei punti di incontro. “Bravi a romperci il ritmo, ma se lo fanno in modo giusto, se invece ci sono delle furbizie vanno sanzionate”. Le statistiche sono numeri asettici, molte volte non spiegano bene, possono dare una lettura sbagliata dell’accaduto. Perché secondo i numeri il 53% dei palloni in ruck sono usciti in un tempo inferiore ai tre secondi, ma è possibile che si trattasse di palloni poco importanti. Quello che conta sono l’11 per cento di palloni che ci hanno messo più di sei secondi, i palloni vicino alla loro area di meta, per esempio, che hanno impedito all’Italia di accelerare.
Già le mete azzurre, una di punizione su un avanti volontario che ha impedito a Ioane di segnare e l’altra su bella intuizione di Alessandro Fusco da touche. “E’ uno schema non è una cosa casuale – dice il mediano di mischia azzurro – lì ci sono due opzioni: vado da solo o la passo al centro. Sono andato da solo”.
Nella foto del titolo Brex in sostegno a Menoncello in una delle azioni di attacco dell’Italia (Foto Federugby)