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I suoi primi cinquant’anni il Conegliano Rugby li ha festeggiati regalandosi una giornata dedicata alla memoria e ai buoni propositi, chiamando a raccolta nello splendido impianto disegnato tra le infinite distese di vigne di prosecco tutti coloro che nel tempo hanno attraversato da protagonisti le vicende del club. Una festa antica, di quelle che sanno di rugby, fango e valori che in queste occasioni tornano prepotenti a sfondare il muro della banalità, insieme i vecchi giocatori e i bambini, i dirigenti e le famiglie. Un paese in festa.

 Da sinistra il capitano della promozione in serie A, Franco Franschet, Alessandro Moscardi e Wim Visser.

La storia va coccolata così, sono occasioni uniche per chiudere un cerchio e ripartire, sul palco delle premiazioni sono saliti i primi irriducibili e i giovani di oggi, ognuno con la sua storia da raccontare, le sue mani da stringere, i suoi abbracci da dispensare, la sua birra da offrire. E come sempre accade le storie più belle nascono per caso: a Conegliano il seme ovale lo portò un insegnante di educazione fisica reatino, innamorato perso del rugby e di tutto quello che mezzo secolo fa poteva significare. Diplomato all’Isef dell’Aquila (con la maglia del Cus neroverde aveva vinto due titoli nazionali universitari), giocatore del Rieti Rugby, Francesco “Stellino” De Angelis (il papà di Alfredo, campione d’Italia con la Rugby Roma e attuale allenatore della Lazio in Elite) accettò il primo incarico da insegnate di educazione fisica all’Istituto Tecnico Commerciale di Conegliano Veneto: «Per me era una salto nel buio – ha raccontato durante la premiazione – ero giovane e dovevo trasferirmi così lontano da casa. Ma c’era un particolare che mi convinse, volevo giocare a rugby e per me queste zone erano il cuore pulsante del rugby italiano». Preso servizio, però, la delusione lo placcò al collo: era finito nell’unico angolo del triangolo veneto, il nostro «Piccolo Galles», in cui il rugby non aveva messo radici. A Conegliano si giocava a calcio… Altro passaggio del destino: «Uno studente il lunedì si presentò in classe con un pallone adidas di cuoio, di quelli pesanti con le punte nere, mi confidò di averlo trafugato la domenica fuori dal campo di Villorba dove stavano giocando una partita della serie A. Non me la sono sentita di condannarlo, sequestrai il pallone e lo usai in classe con i miei alunni. Per caso, spesso, nascono le grandi avventure».

L’attuale presidente del club Massimo Antoniazzi (a sinistra), con il fondatore Francesco De Angelis

Iniziano gli allenamenti, poi l’incontro con Luciano Daminato (a lui è dedicato lo splendido stadio del rugby di Conegliano), un imprenditore locale ex giocatore del Petrarca Padova. La sede della sua azienda diventa la sede di un club che ancora non esiste, si tesserano i ragazzi e nel 1974 il Conegliano Rugby muove i primi passi in campionato. Il braccio (De Angelis) e la mente (Daminato) hanno seminato, il raccolto è sotto gli occhi di tutti 50 anni dopo.

Alla festa c’è Alessandro Moscardi che qui è passato subito dopo aver smesso ad alto livello, allenatore e giocatore nell’anno in cui arriva anche Vim Visser e con loro la promozione in serie A. Vuole conoscere De Angelis, lo abbraccia, gli sussurra: «Guarda cosa hai fatto, grazie, questo è il rugby che ci piace. Da qui nasce tutto».

Sul palco per ultimo sale anche Franchino Properzi, che oggi allena la prima squadra di Conegliano, sbraita perché la domenica fatica a mettere insieme 15 giocatori, pretende un selfie con De Angelis e confida: «Questi mi fanno uscire pazzo, ma poi guardo questi campi e penso che qui c’è un tesoro da valorizzare. All’allenamento la sera arrivano contati, poi, però, quando alla fine stappano certe bottiglie ti passano tutte le arrabbiature». In fondo qui non si gioca un rugby champagne, ci si accontenta del rugby prosecco…

Antoniazzi, con il neo consigliere federale Fulvio Lorigiola

A portare i saluti federali c’è Fulvio Lorigiola, alla prima uscita ufficiale da consigliere. Non nasconde l’emozione: «Sono emozionato, perché giorni così mi riportano al vero significato del rugby. Senza questi club, queste storie di uomini, questo affetto che si respira a pieni polmoni, saremmo nulla. Tutto nasce qui, alimentato da una passione sincera, sono queste le storie che rendono possibile tutto il resto».

Il presidente di oggi, Massimo Antoniazzi, si rende conto di avere il compito di portare avanti una storia preziosa, annuisce mentre sfoglia «Tutta un’altra storia», il libro che lo storico e antropologo e ex giocatore del Conegliano Enrico Giorgis, ha pubblicato per affidare alla memoria un giorno così. Al libro hanno contribuito tutti i protagonisti di cinquant’anni di rugby cittadino, in quelle pagine tra aneddoti e ricordi personali c’è poca storia e tanta memoria. Come il rugby che ci piace.

Auguri Conegliano Rugby, cento di questi giorni.

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