Riproponiamo qui il “Dossier Roma”, a cura di Valerio Vecchiarelli e Alessandro Cecioni, pubblicato nel numero 188 di Allrugby, a febbraio 2024.
Ripartita dalla base la Rugby Roma, scomparsa dopo aver chiuso con lo scudetto del 2000 il cerchio disegnato dal tempo; a caccia di un posto al sole la Lazio neopromossa in Elite dopo la vittoria in finale contro il Cus Torino; autoretrocessa anni fa per scelta consapevole l’Unione Capitolina, a Roma più che rugby di vertice si vive di rugby diffuso. La base è solida, molti club lavorano con profitto su progetti di sviluppo, ma l’Elite, fatta eccezione per le Fiamme Oro che fanno storia a sé anche se portano avanti un grande lavoro con il vivaio in tutte le categorie dal minirugby in su, appare sempre più un puntino lontano. Crisi di vocazioni, contingenze strutturali o bilanci in perenne affanno, quale è il problema?
Maurizio Amedei (nella foto qui sotto) da tre anni presidente del Comitato Regionale Lazio della Fir, un uomo che macina chilometri e idee per mettere insieme le tante anime del rugby laziale, ha un’idea chiara sul movimento: «Il nostro primo obiettivo – racconta – è quello di creare un ambiente sereno, in cui lavorare tutti verso una meta comune, che poi è la propaganda, lo sviluppo e l’affermazione del rugby. Non è semplice ma, grazie alla sensibilità di alcuni dirigenti che all’inizio erano scesi in trincea e strada facendo sono tornati sui propri passi, qualcosa di concreto si sta creando, si sono attivate sinergie tra società, lavoro comune con i giovani e in una città come Roma, già difficile dal punto di vista logistico, non è un punto di partenza banale. Poi c’è chi per scelta politica ci identifica come il Comitato della Federazione da combattere in vista della prossima tornata elettorale e va per la sua strada. Ma ben venga, siamo accoglienti, l’importante è che al centro ci sia sempre il rugby e la sua affermazione».
Allora partiamo dalla base. È così difficile avere a che fare con il rugby a Roma? «Non è difficile perché c’è una tradizione solida e dirigenti, allenatori, giocatori, che hanno vissuto il rugby di altissimo livello che continuano a lavorare con passione, ma complesso sì, perché le vecchie rivalità sono forti e in qualche caso insuperabili (leggi qui l’analisi di Maurizio Bocconcelli, memoria storica del rugby romano). Senza tirare in ballo il problema impianti che merita un discorso a sé. Però nell’ultimo anno alcuni club che da sempre forniscono giovani al movimento, come Primavera, Lazio, Rugby Roma, Villa Pamphili, hanno strutturato progetti tecnici comuni, percorsi di interscambio di tecnici e giocatori e la via imboccata mi sembra virtuosa (leggi qui Alessandro Cecioni sul tema “Consorziarsi, mettersi insieme, dividere spese e progetti. Questa la ricetta per riportare il rugby di élite a Roma. Partendo dal basso”). Insieme abbiamo pensato come ci sia una falla nel percorso di formazione tra i giovani che entrano subito nel giro dell’alto livello federale e chi, invece, rimane ai margini. Per questo è nato il Polo Didattico itinerante tra Roma Nord (impianti di Sapienza Sport) e Roma Sud (impianto di Tor Pagnotta della Rugby Roma), con 4 responsabili d’area che selezionano i migliori under 16 della regione e li riuniscono due volte a settimana per allenamenti comuni. Siamo partiti con 75 elementi, ora ridotti a 42, ragazzi che potrebbero far parte della selezione regionale e che, con questo ulteriore percorso, potrebbero ambire al Centro di Formazione Federale. Certo, sarebbe una grande opportunità tornare ad avere una sorta di Trofeo delle Regioni come step intermedio per molti di loro tra l’alto livello e la vita dei club».
Festa Lazio dopo la vittoria contro il Cus Torino che ha regalato ai biancazzurri la promozione in Serie A Elite (foto Lazio Rugby 1927)
I numeri spesso sono lo specchio della realtà… «Abbiamo vissuto anni terribili dovuti allo stop imposto dalla pandemia e già il fatto che qui non si leggano segni negativi è un piccolo miracolo: nel Lazio ci sono 9.300 tesserati di cui 6.275 giocatori che partecipano all’attività agonistica. I club, dalla serie A, in cui abbiamo 6 squadre, al settore propaganda, sono 80, lavoriamo in 157 scuole con progetti ministeriali e negli ultimi 3 anni sono 494 i tecnici che hanno concluso il percorso di formazione federale. Quella dell’impiantistica è una spina nel fianco: nel Lazio ci sono 47 impianti omologati per l’attività agonistica, di cui solo 16 di proprietà o in concessione esclusiva a una società di rugby. Gli altri sono per lo più di proprietà pubblica e tra convenzioni, concessioni non firmate, condivisioni con altri sport, già organizzare un’organica attività di propaganda è impresa da eroi. Un esempio di quanto sia importante avere una casa propria lo fornisce la Rugby Roma che, dopo gli anni dello splendore, per ripartire ha scelto di dotarsi prima di un proprio centro sportivo (a Tor Pagnotta, dedicato a Renato Speziali, ndr) e poi di riprendere a fare attività con i giovani. I numeri e i risultati dicono che è stata una scelta vincente».
A intermittenza torna a fare capolino il sogno di avere, o spostare, una franchigia a Roma. Utopia o possibilità? «Niente è utopia, ma sui progetti bisogna lavorarci e far convergere le forze. Il problema qui è che l’alto livello del rugby è geograficamente lontano, non è un discorso economico ma di distanza fisica. Se un ragazzo di Roma ha le potenzialità per ambire a una carriera di vertice, la prima cosa che fa è guardare lontano da Roma. Ecco che una franchigia romana azzererebbe questa distanza, ma… servono basi solide dal punto di vista economico e, quindi, investitori che credano nella possibilità offerta dal nostro sport. Al momento ci sono 2 proposte interessanti, 2 gruppi che stanno sondando l’ambiente, anche con proposte molto concrete. Sono tante le cose da mettere insieme, con il nodo impianto in primo piano. Secondo me si può fare, di sicuro ci lavoriamo con grande impegno. Intanto sono in stretto contatto con il gruppo di vecchi giocatori/dirigenti che detiene il marchio dei Lupi. Sarebbe un sogno riportare in campo la selezione del Centro-Sud e chissà in futuro non farla diventare una franchigia… intanto quest’anno una selezione delle nostre squadre di serie A giocherà a Madrid, dal 29 maggio al 6 giugno, una quadrangolare organizzato in Spagna dall’Ambasciata d’Italia in occasione della Festa della Repubblica. Per il Comitato è un grande impegno, di mezzi e organizzazione, ma credo che sia molto importante unire le forze giocare sempre a un livello superiore di quello proposto dalle nostre domeniche. D’altronde sono convinto che solo insieme si possano raggiungere obiettivi. A Roma il rugby è vivo anche se l’alto livello è lontano. Lavoriamo per avvicinarlo»