La gestione di Innocenti ha peccato di trasparenza e ha evitato – colpevolmente – di rispondere nel merito alle domande creando con la stampa e parte della base un rapporto malsano. Spiace perché i risultati della nazionale (quelli degli ultimi sette mesi) sono dalla sua parte però in politica – e quella sportiva segue le stesse regole – bisogna rispettare i programmi – quindi chi ti ha votato – e il bilancio, quindi perfino chi non ti ha appoggiato. Perché la Federazione è di tutti. Ci auguriamo una presa di coscienza in caso di rielezione o un atteggiamento diverso dalla nuova reggenza.
Le elezioni del 2011, le prime del dopo Dondi, furono decisamente sopra le righe: da una parte il “delfino” del vecchio presidente, Alfredo Gavazzi, dall’altra un dirigente Benetton, Amerino Zatta. In mezzo Gianni Amore, ex giocatore di Serie A, poi allenatore e reduce dall’esperienza politica al comitato siciliano. Non fu una campagna elettorale serena, tanti i colpi bassi perfino a urne chiuse: mesi dopo fu presentata una richiesta di commissariamento della Fir da parte di Amore perché né Zatta né Gavazzi avevano presentato la candidatura completa di bilancio annuale preventivo e bilancio programmatico. Prima ancora, dopo lo spoglio (54% dei voti andarono al bresciano, al veneto il 39%) alla prima conferenza ufficiale, Gavazzi si era espresso polemicamente sulla campagna, parlando di “mezzi leciti e meno leciti” da parte dei suoi avversari. La risposta non arrivò nemmeno da Zatta bensì da Luciano Benetton con una lettera aperta pubblicata sul Gazzettino.
Il clima era rovente: nella prima partita del Benetton dopo il voto – contro Leinster in casa – il fondatore del gruppo si era sentito in dovere di confermare l’impegno della famiglia ai giocatori, direttamente negli spogliatoi. Il tutto mentre Gavazzi parlava di terza franchigia e di un gruppo di 100 giocatori per l’alto livello che, 12 anni dopo – il tour nel Pacifico lo ha certificato – ancora non abbiamo. Ricordiamo, per chiudere il flash back, che al termine di quella stagione (2012/13), Treviso arriverà sesta, miglior risultato dall’ingresso nel torneo. Purtroppo seguirà un ridimensionamento dettato proprio da ripicche e polemiche (febbraio 2014) tra franchigia e Presidenza della Federazione. Un confronto risolto da una permanente tregua armata”.
Sono passati 12 anni ma – contendenti a parte – non sembra essere cambiato nulla: sul piatto c’è sempre un problema franchigie (stavolta zebrato), il campionato è svilito, non abbiamo creato un pathway per l’alto livello; o meglio, forse c’eravamo riusciti ma abbiamo preferito smantellarlo perché frutto di un’altra reggenza. Soprattutto i toni della campagna elettorale rimangono gli stessi, tra accuse via social, telegiornali fittizi, cause aperte e mancate risposte sui temi caldi. Senza parlare di una base che, sulla scia dei risultati della nazionale, si aspettava si aprissero i cordoni della borsa.
Le priorità sono diverse ma partirei dalla salute dei nostri atleti (Zebre ma anche nazionale), dal futuro dei nostri giocatori (sforniamo sempre più giocatori per l’alto livello che poi non sanno dove andare e spesso hanno come unica opzione quella di trasferirsi giovanissimi all’estero) e da un programma di medio lungo termine del nostro sport che, ricordiamolo, è incapace da un decennio di aumentare i praticanti, superato a sinistra dai vari tennis, nuoto, pallavolo, basket. Per citare i più noti. Senza parlare della comunicazione: paghiamo da anni, sotto mentite spoglie, per essere su Sky, Dazn e Rai ma il campionato Elite è raccontato solo nei giornali locali e dell’URC il rugbista medio sa poco o nulla. Uno vorrebbe parlare bene degli ascolti ma, tranne poche partite, sono da prefisso telefonico. Purtroppo non sono i numeri della community a creare entrate e nuovi adepti, ma il coinvolgimento attivo della stessa.
Non sappiamo chi vincerà le elezioni e, sembra paradossale, non sappiamo nemmeno cosa aspettarci. Ma non vorremmo essere nei panni di chi dovrà andare negli spogliatoi delle Zebre. Perché il tempo dei discorsi motivazionali sembra finito.