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Repetita juvant? Allrugby ci crede e, quindi, ripropone un argomento messo in campo tre anni fa, prima delle ultime elezioni per il rinnovo delle cariche federali. Tra un mese si torna al voto e il tema è sempre attuale. Anzi, più̀ il tempo passa e più̀ l’esigenza evidenziata si fa pressante. Parliamo dell’istituzione di una carica – quella di direttore generale, o di Ceo (chief executive officer) – che in ambito federale non è mai esistita, e che in un’azienda qual è oggi la Fir pare indispensabile.

Tre anni fa la nostra redazione si era anche interrogata sulle mansioni da attribuire a questa nuova figura, e il risultato della piccola consultazione interna era stato questo.
“Il direttore generale, in attuazione delle linee strategiche e operative approvate dal Consiglio federale, ha la responsabilità̀ della gestione relativa:

– al reperimento delle risorse finanziarie federali (tramite contratti con aziende sponsor e partner, vendita diritti tv, gestione grandi eventi, marketing eccetera);
– alla spesa tanto in parte capitale (investimenti patrimoniali in impianti eccetera) quanto in parte corrente (spese di funzionamento della struttura organizzativa federale, della struttura operativa e della struttura agonistica/sportiva/promozionale/ricreativa);

– alla gestione del personale dipendente in capo alla Federazione o comunque ad essa assegnato dal Coni;
– alla gestione dei collaboratori della Federazione;
– alle relazioni internazionali con World Rugby e le altre federazioni/soggetti cui fanno capo i diversi campionati e/o tornei internazionali;

– alla visibilità̀ sui media, tradizionali e non;
– alla diffusione del rugby, anche in termini di tesserati, creando iniziative di sviluppo dedicate a giovani e giovanissimi;
– al rapporto con i Comitati regionali e, a scendere, con rappresentanti dei club, soprattutto sul fronte della situazione degli impianti esistenti e della creazione di impianti nuovi.
Il tutto, naturalmente e come già̀ evidenziato, in base a obiettivi concordati con la Federazione.
Il direttore generale risponderebbe ai vertici federali del suo operato e dei suoi risultati, ma nello stesso tempo gestirebbe le risorse umane in carico alla Fir, favorendo un orientamento al risultato, assegnando a sua volta funzioni e obiettivi, verificando poi se questi ultimi sono stati raggiunti, con ampia capacità di ridefinire tanto la struttura organizzativa quanto quella operativa della Federazione”.
Cose sostanzialmente da ribadire a un triennio di distanza. Si può̀ anche dire che, alla luce di varie situazioni (controllo della spesa e consistenza del movimento, solo per citarne un paio), risulta evidente che un direttore generale veramente “esecutivo” avrebbe un gran lavoro da fare e andrebbe messo nelle condizioni di farlo, senza lacci o veti nella gestione quotidiana, per poi valutarne l’operato in un medio termine, ad esempio di due anni, coincidenti con la metà del mandato del presidente Fir.
Il quale – storicamente – non ha mai avuto una vera propensione a delegare funzioni davvero significative, preferendo esercitare un controllo stretto e decidere di volta in volta su tante questioni. Accadde con Giancarlo Dondi e con Alfredo Gavazzi, è accaduto in questa tornata con Marzio Innocenti, senza che nemmeno il segretario della federazione abbia avuto voce in capitolo nella grande maggioranza dei capitoli gestionali di cui era composto il nostro “mansionario”.
Allora, a tutti i candidati si può̀ rivolgere un auspicio, un’esortazione: in caso di vittoria alle elezioni, si metta un elemento con un curriculum all’altezza in una posizione che proprio non può̀ più̀ mancare. E che in effetti non manca in quelle “principali Federazioni Tier 1” di cui si parla nel comunicato Fir del 15 luglio scorso relativo al bilancio consuntivo 2023, per sottolineare che esse sono accomunate da “una generale contrazione economico-finanziaria”.
In realtà̀ un importante disavanzo fornisce un motivo in più̀ per avere un referente che sappia dirigere le operazioni in virtù̀ di precedenti esperienze manageriali di livello elevato. Stiamo parlando di una figura le cui competenze devono prevedere un compenso importante, oggi forse non in linea con le possibilità offerte dalle case federali, ma il cui know how deve essere valutato proprio in prospettiva di dare una svolta alla situazione economica della FIR. In ambito Sei Nazioni solo la Union scozzese risulta al momento sprovvista di un Ceo, perché́ Mark Dodson ha deciso di lasciare dopo 12 anni, anche se il suo mandato sarebbe dovuto durare fino al 2025. Il presidente John McGuigan è sollecitato da più̀ parti a individuare in tempi rapidi il nuovo Ceo, perché́ un ruolo del genere non può̀ rimanere scoperto, a maggior ragione – si fa notare al di là del Vallo di Adriano – se di mezzo ci sono le finanze federali.

I “Ceo” delle maggiori federazioni europee

RFU (Inghilterra): Bill Sweeney

WRU (Galles): Abi Tierney
IRFU (Irlanda): Kevin Potts
FFR (Francia): Jeremy Lecha* SRU

(Scozia): posizione vacante

 

*directeur général

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