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Consorziarsi, mettersi insieme, dividere spese e progetti. Questa la ricetta per riportare il rugby di élite a Roma. Partendo dal basso.  

Giovedì 7 dicembre gli Under 12 dell’Unione Rugby Capitolina invece di allenarsi sul loro campo sono andati un chilometro più in là, all’impianto Flaminio Real, per condividere la preparazione con i pari età della Lazio. Non era la prima volta, non sarà l’ultima. Lo stesso qualche tempo fa era accaduto fra gli Under 14, solo che l’allenamento congiunto aveva coinvolto i ragazzi della Primavera.

Loro non lo sanno, ma sono le piccole vedette romane di un progetto che punta, da qui a qualche anno, a creare una sinergia profonda fra i tre club di Roma Nord. “Per ora – racconta Cesare Marrucci, per tutti Ceddu, director of rugby dell’Unione capitolina – abbiamo avviato una collaborazione tecnico-economica. Un esempio? Abbiamo organizzato uno stage formativo con Philippe Doussy, dovevamo pagargli il treno, l’albergo e dargli un gettone di presenza per un corso di aggiornamento ai nostri tecnici. Per noi Capitolina un costo troppo elevato da sostenere, ma coinvolgendo anche Lazio e Primavera, dividendo i costi e aumentando la platea degli interessati, alla fine siamo riusciti a fare il corso a costo zero. E abbiamo dato ai nostri tecnici nozioni importanti”. “Tutti abbiamo conoscenze all’estero, la possibilità di chiamare grandi tecnici a fare corsi di formazione. Una cosa importantissima per i nostri allenatori, ma si può fare solo dividendo le spese, in sinergia”, conferma Federico Alverà, direttore generale della Primavera.

La verità è chiara per tutti. A Roma non c’è un Banzato che tiri fuori milioni per una squadra come hanno al Petrarca. I soldi per l’attività, dai seniores al mini rugby, arrivano dalle quote dei giocatori, dagli introiti di bar e ristoranti (quando ci sono), a volte da qualche microsponsor, da feste e festival. O da soci generosi disposti ad aprire il portafoglio quando a fine stagione i conti non tornano. Stop. Quindi se si vuole pensare in grande occorre fare massa critica, unirsi, diventare più appetibili per gli investitori, ma anche più grandi, consorziarsi, per ottenere prezzi più vantaggiosi dai servizi, trasporti in testa. Il Corriere dello Sport negli anni 70 provò a organizzare una riunione di tutte le società romane, a mettere i dirigenti allo stesso tavolo per discutere di un accordo che portasse alla nascita di una nuova società che mettesse il rugby romano al centro del panorama italiano. Dopo quattro ore di discussioni, come ha raccontato Maurizio Bocconcelli a Valerio Vecchiarelli, non si riuscì nemmeno a mettersi d’accordo sull’ordine del giorno, né sul nome della nuova società.

Un disastro. “Ne organizzai una simile con Simone Santamaria e Gonzalo Camardon nel 2000 – dice Alverà  (a destra nella foto) -, lo avevamo chiamato ‘Progetto rugby Acqua Acetosa’, quattro ore di discussione e tutti a casa. Niente di fatto”. Forse i tempi non erano maturi, ma ora sembra diverso.

“Tutto va fatto mantenendo l’identità storica del club”, dice Emanuele Leonardi, consigliere della Primavera, nel rugby romano da 30 anni, ex giocatore anche della Capitolina. Lui sta lavorando a un progetto di franchigia fra tutti i club di serie A della Capitale: Capitolina, Primavera, Lazio, Villa Pamphili, Us Roma, per portare, a Pasqua, una squadra romana under 23 a giocare a Bayonne contro i pari età della formazione francese. “Devo trovare i soldi perché credo molto in questo progetto, che ha come unico scopo quello di dare ai giocatori romani delle opportunità di crescita e conoscenza. Soprattutto per quelli che non sono nel giro delle Nazionali, nei percorsi federali. Atleti con grandi potenzialità che però rischiamo di perdere”. E un’altra franchigia potrebbe andare in trasferta in Spagna tra fine maggio e i primi di giugno, come svela il presidente del Comitato regionale del Lazio, Maurizio Amedei.

Prove tecniche di una squadra che potrebbe imporsi anche sul piano nazionale per fare concorrenza a Zebre e Benetton? “Non corriamo troppo – dice Ruben Riccioli, direttore sportivo delle squadre seniores della Lazio Rugby – intanto lavoriamo dal basso a creare sinergie fra i club. Sia noi che Primavera che Capitolina organizziamo ogni anno dei tornei minirugby di una certa importanza. Ci siamo coordinati e abbiamo deciso di non metterci in concorrenza, anzi di fare sinergia. Come? Mettiamo che una squadra veneta pianifichi di partecipare al nostro torneo Under 10, lo stesso giorno Capitolina organizzerà un torneo Under 12 e Primavera un Under 14, così chi viene può portare più squadre e abbattere i costi”. “E questo viene indicato in calce a ogni mail, anche la comunicazione viene gestita di comune accordo”, chiosa Cesare Marrucci (nella foto sotto).

Roma è molto grande, da un capo all’altro della città sono oltre 20 chilometri, impensabile, per ora, ragionare su un unico polo di attrazione. Così, sulla falsariga di quello che stanno facendo a Roma Nord Capitolina, Lazio e Primavera, a Roma Sud si stanno muovendo Rugby Roma Olimpic, Anzio e Fiamme Oro con il progetto “Ready to grow” che coinvolge Under 14, 16 e 18. “Facciamoli giocare insieme e conoscere fin da piccoli, poi magari, si ritroveranno più facilmente a giocare insieme quando diventeranno seniores”, dice ancora Alverà.

Un’idea interessante, ma giocare insieme dove? Il sogno, lo pensano tutti ma hanno quasi paura a dirlo, è una franchigia da iscrivere nel campionato “celtico”, l’Union Rugby Championship: Roma a fianco di Zebre e Benetton.  “La franchigia a Roma è un altro tema caldo – sostiene Alverà -. Ovviamente all’estero non aspettano altro, tifosi e squadre penso possano solo aver piacere a venire a giocare a Roma. Il problema è trovare una cordata o un imprenditore che abbia voglia di investire in un progetto che partirebbe da zero, o quasi. Tecnici e giocatori non mancano, cito giusto Fabio Roselli (capo allenatore delle Zebre) e Michele Lamaro (capitano degli azzurri), tanto per fare un esempio. Certo sulla carta una squadra così ci sarebbe già, risponde al nome di Fiamme Oro. Ma sappiamo bene, purtroppo, che è un progetto avulso dal territorio e che non può, per regole e burocrazia, essere quel riferimento per i club, con cui costruire un progetto di lungo termine”.

Roma, stadio Nazionale 13/05/1928, S.S. Lazio v XV Legione “Leonessa d’Italia”, le squadre prima del match. (foto Fondo Tognetti- Allrugby)

Sì, certo, un sogno, che però si infrange su un problema al momento insormontabile: l’impianto capace di accogliere una franchigia. “Proviamo a immaginarlo: più di 10mila posti, tribuna coperta, servizi che possano attirare sponsor come ospitality e skybox. Un impianto che non viva solo di rugby, ma che possa ospitare negozi, concerti, un museo, sale conferenze. Insomma che non sia solo la ‘casa del rugby’, ma diventi la sua fonte di sostentamento”, dice Ruben Riccioli, Lazio. E non parla senza cognizione di causa. Allo stato attuale delle cose, se la sua squadra dovesse raggiungere la Serie A Élite, lo scorso anno sfumata all’ultima partita, non avrebbe il campo su cui giocare, a meno di non chiedere ospitalità alle Fiamme Oro. Il campo 1 del Giulio Onesti ha la tribuna pericolante, che, comunque, non è coperta, come impongono le regole federali. Quindi? Quindi c’è solo una soluzione possibile: il Flaminio. E già dirlo significa affossare tutte le speranze, perché quella dello Stadio Flaminio è una storia tragicomica, dove la burocrazia e le inerzie di chi governa, a livello locale e nazionale, stanno diventando le grandi colpevoli di un abbandono che porterà solo alla distruzione dell’impianto.

“Poi ci si mette anche la Federazione che con i suoi comunicati genera più confusione che altro. Fuffa pura”, dice Alverà. Si riferisce alle poche righe uscite il 6 febbraio scorso dopo un incontro fra il presidente Innocenti e il consorzio di promozione per il Parco Urbano Flaminio. “Nel corso dell’incontro si è discussa la comune volontà del consorzio e della FIR di attivare un tavolo di lavoro congiunto volto a identificare più dettagliatamente le esigenze federali, nonché a definire strategie più idonee ad avviare nel futuro prossimo un processo di rivalorizzazione dello Stadio Flaminio”. A Roma c’è una frase idiomatica che ben commenta, chiedere a Gigi Proietti o a Marco Giallini per maggiori spiegazioni.  L’unica cosa positiva è che l’incontro è avvenuto nella sede del Credito Sportivo, ovvero dove si dovrebbero trovare i soldi per dare il via ai lavori. Ma ne servirebbero così tanti che, a detta di molti, c’è solo una soluzione possibile: abbattere e ricostruire. Solo che lo stadio è monumento nazionale, protetto da vincoli e dal diritto d’autore in capo alla famiglia Nervi. In poche parole, scordiamoci il Flaminio.

Allora ancoriamoci ai ragazzi che si allenano insieme, anche se con maglie per ora diverse, che potrebbero viaggiare in pullman insieme, che potrebbero avere allenatori formati da tecnici pagati da tutti.  Mini accordi per far tornare lo scudetto a Roma. Manca dal 2000, lo vinse l’Olimpic. La finale? Al Flaminio, naturalmente.

Nella foto del titolo US Primavera (a destra) vs Cavalieri Prato (foto Primavera Rugby)

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