Nonostante la follia di questo tour fatto più di trasferimenti che di allenamenti, di levatacce e notti insonni, di caldo asfissiante e freddo improvviso, nonostante tutto questo Gonzalo Quesada riesce a vedere il bicchiere quasi pieno. “E’ stato un tour molto positivo, voi che vedete solo le partite non potete sapere cosa abbiamo dovuto sopportare, quali difficoltà affrontare fuori dal campo. Non so quante squadre fra le prime cinque al mondo avrebbero accettato un tour così, nessuno dei nostri ragazzi si è mai lamentato. Ma era tutto complicato, anche questo passaggio da Tonga al Giappone, undici ore di volo, poi allenamento con 45 gradi, poi altro aereo per Sapporo”, dice parlando dallo spogliatoio degli azzurri a fine gara. Qualcosa era arrivato dai racconti fra stupore e scoramento dello staff, internet assente nella maggior parte dei casi, aerei notturni, distanze incolmabili, impossibiltà di recuperare. Un aneddoto per tutti: Quesada in panchina con i giocatori a Samoa perché dalla tribuna non si vedeva niente causa pali della copertura. “Però c’è del buono in quello che ci ha raccontato il campo. Contro Samoa non abbiamo saputo vincere e giocare come avevamo pensato, ma dopo, contro Tonga e Giappone, abbiamo gestito la partita molto meglio. Qui c’è ancora da migliorare e questo sarà il nostro focus per novembre e il Sei Nazioni, ma abbiamo fatto passi avanti”.
Solo due giocatori fatti esordire (Gallagher e Zarantonello), ma ritorno all’alto livello di Trulla (“Buone le sue due prestazioni”, dice il ct) e la conferma di Zambonin come alternativa a Ruzza anche nella gestione della rimessa laterale. Già la touche, anche col Giappone non bene. “Deve tornare a essere un punto di forza, la conquista è fondamentale per difendere un po’ meno. Comunque ‘Zambo’ ha saputo approfittare dell’infortunio di Ruzza e ha fatto un. ottimo match”. Poi ancora: “Fra le note positive del tour metterei anche il ritorno nel gruppo di Riccioni che non abbiamo potuto usare nel Sei Nazioni e che ha fatto due belle partite”.
Sul match con il Giappone c’è rammarico per le due mete prese. “Vengono entrambe da tournover mentre eravamo in attacco vicini a segnare noi. Abbiamo perso la palla e loro sono stati veloci nell’impostare l’azione. In generale per tutto il primo tempo abbiamo avuto il controllo del gioco e sfruttato quasi tutte le occasioni”. Controllo del gioco e pragmatismo con Page Relo preciso dalla lunga distanza nei piazzati (per lui tre calci e una meta, alla fine è rientrato come estremo con Capuozzo spostato all’ala per un infortunio a Lynagh, non si è assegnato il man of the match ma sarebbe stato un bel candidato). “Nel gioco al piede siamo stati efficaci, abbiamo ben analizzato le nostre opportunità. E’ vero che c’è stato un problema di disciplina, contro una squadra che sposta molto il pallone abbiamo giocato trenta minuti in 14”. E qui si è messa in luce l’organizzazione difensiva azzurra, il lavoro di Hodge. “Non era facile prendere il posto di un mostro sacro come Goosen – dice Quesada – ma ha lavorato bene. Per ora non abbiamo cambiato molto rispetto al Sei Nazioni perché non c’era tempo per farlo”.
E ora? “Ora, siccome gli allenatori non smettono mai di porsi problemi. la cosa più importante è fare recuperare i giocatori. Con le franchigie abbiamo parlato, per chi gioca fuori sarà più difficile, ma contiamo di ottenere per tutti il giusto periodo di riposo”. Questo per mente e corpo. Ma che Italia ci vuol far vedere Quesada nei test di novembre (All Blacks, Argentina e Georgia) e poi nel Sei Nazioni? “Nella gestione delle partite c’è margine per migliorare. Altro punto fondamentale è l’alternanza fra gioco alla mano e gioco al piede, come passare dall’uno all’altro. La transizione sarà un focus per i prossimi mesi”. E le vacanze del ct? Dieci giorni lontano, tutto in mano a mia moglie, non so niente, so solo che prenderemo un aereo verso l’Asia”. Pausa, sorrisino: “Ma niente Tonga, Samoa o Giappone. Statene certi”.
Nella foto di apertura selfie ricordo dello staff azzurro sul terreno del Sapporo Dome (Foto Federugby)