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Chi è la diabolica maga Armida, quella che nella Gerusalemme liberata rende Rinaldo vittima della follia d’amore?

In un comunicato diffuso in più lingue la Federazione Italiana Rugby e il suo presidente Marzio Innocenti, hanno annunciato che “dopo estesi colloqui che hanno coinvolto i vertici dell’organo di governo del rugby italiano nelle ultime settimane, e preso atto della diffusa considerazione riscontrata in ogni consesso rugbistico internazionale, hanno assunto la decisione di proporre e supportare la candidatura del professor Andrea Rinaldo a Presidente di World Rugby, la Federazione mondiale, in occasione dell’assemblea elettiva che si celebrerà nel mese di novembre 2024”.

Un italiano candidato a governare il rugby internazionale è senz’altro una notizia di rilievo. Che ce la possa fare è un’altra storia, perché lo sport mondiale, e il rugby non è da meno, viene governato ormai dalla logica degli affari: accetteranno le grandi federazioni mondiali di delegare a uno scienziato sia pure di chiara fama, accademico dei Lincei, premiato a Stoccolma per i suoi studi sull’acqua con quello che è considerato il Nobel del settore, la gestione del prossimo quadriennio, in cui esploderanno ulteriormente le pressioni del business e del denaro?

Che ruolo giocheranno i grandi fondi d’investimento, CVC, che detiene un settimo dei diritti commerciali del Sei Nazioni ed ha un solo obiettivo: massimizzare i propri introiti, e Silver Lake, che nel 2022 ha investito circa 100 milioni di Euro nel marchio degli All Blacks?

Sorprende la tempistica della candidatura, chi dispone di un asso di solito lo gioca prendendo in contropiede tutti i possibili oppositori. Ma da qui alle elezioni di World Rugby mancano quattro mesi, che in politica rappresentano un’era.

“Temo gli anglosassoni e le loro promesse”, ha detto una figura di prestigio del rugby italiano, a lungo in contatto con il mondo del rugby internazionale che conta.

E poi il 15 settembre sono in programma le elezioni Fir: l’attacco padovano a due punte mira al mondo per governare l’Italia, o cerca di sviare i rivali per arrivare magari alla poltrona del Sei Nazioni?

Quattro anni fa Pichot, il paladino degli emarginati, venne sconfitto 28-23. Si lamentò di trame di corridoio e di tradimenti dell’ultima ora.

Vicepresidente fu eletto lo scozzese John Jeffrey, che molti davano (danno?) come naturale successore di Bill Beaumont.

Il sistema di voto attualmente funziona in modo tale che 30 dei 51 voti siano assegnati alle 10 federazioni di Tier 1.

Andrea Rinaldo premiato la scorsa estate con lo Stockholm Water Prize . (Foto Michael Campanella/Getty Images)

Due voti vanno a ciascuna delle sei associazioni regionali (Asia Rugby, Oceania Rugby, Rugby Africa, Rugby Americas North, Rugby Europe e Sudamerica Rugby) e tre al Giappone. Infine hanno un voto a testa ciascuna delle sette federazioni di Canada, Stati Uniti, Uruguay, Georgia, Romania, Samoa e Fiji.

Sia chiaro qui non sono in discussione i requisiti di Andrea Rinaldo come uomo di rugby e figura istituzionale, bensì le concrete possibilità di sua vittoria in un’arena politica internazionale.

Jeffrey non raccoglie un consenso unanime. E c’è chi ritiene che Rinaldo possa sfruttare i veti che pesano sullo scozzese per far valere la propria candidatura.

Lo scorso ottobre, Agustin Pichot espresse nei confronti di World Rugby una critica molto dura: “Non è un gioco globale – disse l’ex mediano di mischia al Daily Mail – Molte federazioni stanno cercando di mantenere il vecchio club esclusivo. Ho cercato di venire ad aiutare, ma il Sei Nazioni mi ha bloccato”. Pichot è anche convinto che il nuovo format internazionale che dovrebbe essere introdotto nel 2026 (Nations League) potrebbe potenzialmente danneggiare le squadre di Tier 2 a causa della protezione del vertice che resterà in vigore fino al 2030. “Ma questa è la cosa folle – ha detto Pichot – anche i ragazzi della Georgia voteranno a favore. Rugby Europe voterà a favore. Ma non ottengono nulla! Non so perché voterebbero a favore”.

Questo il contesto in cui Rinaldo dovrà far valere la sua candidatura, tra Sei Nazioni, dove è espressione Fir, e le ambizioni terzomondiste di chi non è invitato alla tavola dei grandi.

La Francia, che aveva in Laporte il successore designato di Beaumont, ha perso il suo candidato ha causa delle note vicende giudiziarie. La Nuova Zelanda vuole evitare di rimanere ai margini, dove sarebbe destinata a finire se il Sudafrica scegliesse una volta per tutte, come ha fatto con le sue franchigie, la ricca via dell’Emisfero Nord. E Brett Robinson, uno dei tre membri australiani del Board, potrebbe schierarsi con Rinaldo per togliere il suo paese dall’angolo dove si è cacciato nelle ultime stagioni.

E la Georgia si fiderà di un presidente italiano dopo aver considerato per anni l’Italia il proprio obiettivo principale per entrare nel Sei Nazioni?

Negli ultimi anni il presidente di World Rugby è sempre passato attraverso un lungo apprendistato nel board esecutivo dell’organizzazione. Rinaldo è entrato nel consiglio allargato solo pochi mesi fa, insieme a Francesca Gallina, in sostituzione di Gianni Fava (e di Antonella Gualandri).

“È la necessità di garantire un equo sviluppo del Gioco e la salvaguardia del benessere del suo bene più prezioso, le nostre atlete ed i nostri atleti, che mi hanno indotto a dare seguito agli incoraggiamenti che ho ricevuto e ad avanzare con il sostegno della mia Federazione, che mi onora, la candidatura alla Presidenza World Rugby” ha dichiarato Rinaldo ufficializzando la propria candidatura.

Il futuro del nostro sport – ha proseguito illustrando la propria visione – non può prescindere da un’analisi trasparente e analitica, dalla forte impronta scientifica, che possa portare a una sempre più equa distribuzione delle risorse per le Unions, anche rivedendo e adattando i piani di sviluppo”.

Nel quadriennio a venire l’ottimizzazione dei rapporti tra Federazioni e Leghe – ha detto Rinaldo – sarà fondamentale. Di pari passo, forse i tempi sono maturi per avviare una discussione sulla possibile introduzione di tetti salariali nell’interesse di un’evoluzione equilibrata del Gioco su scala globale, essenziale per un reale, tangibile sviluppo deI Paesi emergenti. Da più parti si chiede anche un ampio dibattito sulla composizione dell’Esecutivo di World Rugby, che dovrà riconoscere sia le Nazioni che contribuiscono in modo decisivo al valore e alla reputazione del Gioco e alle entrate di WR, che una rappresentanza appropriata che garantisca una crescita armonica delle Nazioni Tier 2”.

Questi i membri del consiglio che voteranno a novembre (tra parentesi l’anno di nomina)

Chairman    
Bill Beaumont (1999)

Vice-Chairman
John Jeffrey (Scozia, 2010)

Argentina
Sol Iglesias (2019)
Agustín Pichot (2023)
Gabriel Travaglini (2022)

Australia  
Pip Marlow (2020)
Brett Robinson (2016)
Phil Waugh (2023)

Canada
Sally Dennis (2023)

Inghilterra 
Deborah Griffin (2018)
Bill Sweeney (2019)
Jonathan Webb (2016)

Francia
Abdelatif Benazzi (2023)
Florian Grill (2023)
Brigitte Jugla (2018)

Georgia 
George Nijaradze (2016)

Irlanda 
Susan Carty (2018)
John O’Driscoll (2015)
Kevin Potts (2022)

Italia 
Francesca Gallina (2024)
Marzio Innocenti (2021)
Andrea Rinaldo (2024)

Giappone  
Kensuke Iwabuchi (2020)
Naoko Saiki (2019)
Masato Tsuchida (2023)

Nuova Zelanda  
Deb Robinson (2018)
Mark Robinson (2015)
Bart Campbell (2020)

Romania  
Alin Petrache (2017)

Samoa 
Tuilaepa S. L. Malielegaoi (2019)

Scozia   
Gemma Fay (2023)
John McGuigan (2024)

Sudafrica  
Mark Alexander (2016)
Vanessa Doble (2019)
Rian Oberholzer (2023)

Uruguay 
Fernando de Posadas (2020)

USA 
Bob Latham (2016)

Galles 
Richard Collier-Keywood (2023)
Claire Donovan (2023)
Abi Tierney (2024)

Asia Rugby
Qais Al Dhalai (2022)
Ada Milby (2018)

Oceania Rugby
Taylah Johnson (2024)
Richard Sapias (2016)

Rugby Africa 
Paulina Lanco (2023)
Herbert Mensah (2023)

Rugby Americas North  
Araba Chintoh (2024)
Cristina Flores (2018)

Rugby Europe 
Octavian Morariu (2013)
Veronika Muehlhofer (2018)

Sudamerica Rugby    
Marjorie Enya (2020)
Sebastian Piñeyrua (2018)

Nella foto di apertura il professor Andrea Rinaldo alla celebrazione degli 800 anni dell’Università di Padova (Foto Federugby)

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