Un passo falso può essere un caso, due un piccolo campanello di allarme, tre un diabolico perseverare, quattro necessitano un’analisi.
Nelle ultime tre stagioni, il Leinster ovvero la formazione che da più dell’80% dei giocatori alla nazionale irlandese, ha perso nell’ordine: due finali di Champions Cup contro la Rochelle e una, quella di quest’anno, contro lo Stade Toulousain, due semifinali di URC (2022 e 2024) al cospetto dei Bulls e una semifinale, pure di URC, nel 2023 contro il Munster.
Cosa hanno in comune queste squadre, davanti alle quali i Dubliners si sono inchiodati?
“La Rochelle, i Bulls e anche Munster una fisicità capace di annichilire il gioco della formazione di Leo Cullen – dice Gianluca Guidi, nuovo director of rugby del Livorno 1931-. alla quale, uscito di scena Jonny Sexton, manca ora anche la capacità di variare il piano di gioco quando le cariche ripetute dei suoi ball carriers, fase dopo fase, non permettono di andare oltre la linea del vantaggio e, a Gibson-Park, le accelerazioni improvvise che possono prendere d’infilata le difese.
Tanto per cominciare, diamo allora un’occhiata ai numeri di Sexton: di queste sei partite, l’ex numero 10 dell’Irlanda ha disputato soltanto i primi 60’ della finale di Champions Cup del 2022.
Sexton viceversa era stato protagonista dei successi del 2009 (19-16 sui Leicester Tigers), del 2011 (33-22 sui Northampton Saints con il numero 10 autore di 28 punti degli irlandesi), del 2012 (42-14 sull’Ulster) e del 2018 (15-12 contro il Racing, di Sexton 9 punti).
Ma i il dato più importante è che in queste ultime stagioni il Leinster si è arenato quando non è riuscito a giocare in avanzamento perché gli avversari ne hanno soffocato fisicamente il gioco.
Contro il Bulls, lo scorso week end, il Leinster ha portato avanti 131 palloni, ma solo 77 oltre la linea del vantaggio, i Bulls e 112, 66 dei quali oltre il primo difensore, alla fine i metri totali si sono praticamente equivalsi: 436 per gli irlandesi, 410 per i sudafricani.
“Questi dati hanno fatto sembrare Gibson-Park un giocatore normale – dice ancora Guidi -: privo di palloni rapidi e di qualità il mediano di mischia neozelandese non ha potuto iniettare nel gioco il suo estro e la sua velocità”.
È vero?
Prendete le statistiche di Irlanda vs Italia, lo scorso Sei Nazioni, a Dublino, in campo con la maglia verde 15 del Leinster nella lista dei 23.
Al cospetto degli Azzurri, gli irlandesi hanno impostato 118 ruck, dal 68% delle quali il pallone è uscito in meno di 3”, 168 cariche palla in mano, per un guadagno complessivo oltre la line del vantaggio di 605 metri, 12 rotture della linea di difesa italiana. Parliamo di dati molto diversi da quelli che il Leinster ha dovuto ad affrontare quando di fronte si è trovato la Rochelle o i Bulls.
Se il muro non cede, servono degli scassinatori abili a introdurre nel meccanismo d’attacco improvvise variazioni di gioco: quando nel 2022 l’Irlanda battè gli All Blacks 23-12 a Dunedin, Sexton e Gibson-Park giocarono una novantina di palloni fra tutti e due, ma Sexton aveva maneggiato più del doppio dei palloni dell’opposto numero 10, Beauden Barrett, e attaccato la linea per molti più metri di Barrett e Mo’unga insieme (30 contro i 13 in tutto dei due). Ma davanti ai mediani irlandesi, Tadhg Beirne, Caelan Doris, Josh Van der Flier, James Ryan, Peter O’Mahony e Dan Sheehan avevano portato avanti il pallone per più del doppio dei metri dei loro avversari diretti.
Insomma il rugby è un sempre alla ricerca di soluzioni spettacolari nuove, ma a fare la differenza sono sempre le vecchie antiche regole: vince chi riesce a andare più spesso oltre la difesa avversaria, con i muscoli e con la tecnica degli uomini che sanno trovare lo spazio in cui lanciare i compagni per linee originali, spesso a dare una mano è la combinazione delle due opzioni, avanzamento frontale e improvvise variazioni di spartito. Senza il primo, ogni tentativo rischia di diventare cacofonico.