Il drop a tempo scaduto di Marcus Smith sottrae all’Irlanda il secondo Grande Slam consecutivo e la Triplice Corona (può ancora conquistarla solo la Scozia) e lascia ai verdi forti chances di metter le mani sul Torneo, ma senza la schiacciante superiorità mostrata sino all’appuntamento di Twickenham. Sabato Irlanda-Scozia e Francia-Inghilterra: incroci benevoli e una vittoria a Cardiff potrebbero regalare all’Italia una posizione mai raggiunta.
Partita durissima, scandita da sorpassi e controsorpassi e risolta con un arrembaggio finale e con il magic touch di Marcus che in mezzo a tanti titani faceva la figura del passerotto.
Andy Farrell, ct inglese di un’Irlanda unita, aveva detto che la sua squadra non aveva “postumi da sbornia” senza nominare chi, la Francia, risente ancora della caduta mondiale. Ma anche la Green Army, dopo due anni di imbattibilità nel Torneo, trova il giorno della resa. Arrivata con modalità sorprendenti, ma arrivata.
Steve Borthwick sogna un rugby di corsa e nei primi minuti sembra che il progetto assuma dimensioni solide. Furbank, confermato estremo (Freddie Steward ancora messo all’angolo), prende l’iniziativa, guadagna spazio, offre palla a Freeman che abbatte Nash e può allungare a Lawrence, in posizione di ala sinistra. Meta alla bandiera. Twickenham risuona come una cattedrale.
Gli inglesi prendono domicilio nella metà campo dei verdi che devono resistere ai drive dei bianchi, tornati a uno stile più consueto. Ford, che aveva fallito la trasformazione, butta alle ortiche anche un piazzato molto agevole e dopo tante energie spese il piede di Jack Crowley, successore di Johnny Sexton, permette agli irlandesi di stare a contatto (8-6) e di andare davanti. Aki detto testa di pietra guadagna un calcio. Anche quello tra i pali. Crowley cala il poker con una esecuzione dai 50 metri: la palla plana giusto all’incrocio. Tra i verdi cresce una grande capacità di controllo e le bordate di Lowe costringono gli inglesi all’arretramento.
Dopo aver subito senza grossi danni, a ripresa appena iniziata gli irlandesi danno vita alla prima azione. Ed è letale. Crowley evita Slade e permette a Keenan l’irruzione che fa strada. Doris prosegue e serve Lowe che va a schiacciare nei pressi della bandiera: 15a meta da quando è diventato irlandese.
L’Inghilterra non piega le gambe e proprio Furbank ripaga la fiducia che Borthwick ha deciso di concedergli. Trova un ampio corridoio sguarnito e va sino in fondo: l’ultimo passaggio è di Itoje. Ford, balbettante anche nei calci di spostamento, sbaglia ancora: 13-17.
Earl semina il panico con uno slalom e O’Mahoney viene spedito fuori per dieci minuti. Ora l’Inghilterra gioca con ferocia, un arrembaggio martellante che attorno all’ora di gioco e dopo sette fasi porta l’irriducibile Earl ad andare oltre la linea. Marcus Smith che ha appena rilevato lo spento Ford, fa 20-17. Danny Care, che in campo aveva portato i bambini, può celebrare il 100° cap entrando in un momento di massima tensione, perfetto per un veterano come lui.
È molto neozelandese la meta dell’ennesimo cambio al vertice: la maul irlandese mette in imbarazzo gli inglesi. Ancora una carica di Aki e palla a Gibson-Park che inventa un movimento elusivo e serve Lowe. Ora le mete sono 16.
La sabbia scorre nella clessidra. Daly prova da 50 metri abbondanti: fuori. Tenta Smith con uno slalom: spianato. Poi l’infinito assalto finale e l’invenzione di Marcus quando il tempo è rosso e la gioia ha il colore del delirio.
Inghilterra – Scozia 23-22 (primo tempo 8-12)
Inghilterra: 3 mete: Lawrence (3’), Furbank (47’), Earl (59’); un cp: Ford (18’); una trasformazione: Smith (60’); un drop: Smith (80’)
Irlanda: e mete: Lowe (43’ 72’); 4 cp: Crowley (2’, 19’, 34’ 40’);