Per passare dall’umiliazione alla (quasi) impresa possono essere sufficienti 37 minuti. Il nuovo Galles di Warren Gatland viene sopraffatto dagli scozzesi di Gregor Townsend, le delizie di piede di Finn Russell strappano l’approvazione anche dei più appassionati tifosi dei rossi.
Segna Schoeman di forza, concede il bis Van der Merwe, Finn, ex-scalpellino non sbaglia un calcio. A metà strada 0-20. Al 3’ Van der Merwe, sempre più calato nella parte di Sigfrido, vibra un altro colpo di spadone con annichilisce i gallesi: 0-27. Immediata ricerca degli addetti ai lavori sulle più disonorevoli sconfitte dei Dragoni nel loro maxi-giardino coperto o scoperto.
Gatland sbuffa, ma tenta di non farlo vedere, inizia a fissare il vuoto. Turner viene spedito fuori per dieci minuti e qui scatta l’orgoglio di Cymru: segna Botham. Almeno non si finirà a zero, mormora qualcuno. Ma i gallesi hanno capito che qualcosa può essere ancora fatto. Magnificamente servito lascia il segno il funambolo Dyer e una nuova superiorità numerica scatta con il giallo a Tuipulotu. Wainwright, che riceverà giustamente il titolo di Uomo del match, forza la difesa scozzese e in questo stato di trance arriva anche la quarta meta, del giovane Mann. È 26-27 quando mancano meno di dieci minuti. Profumo di miracolo più forte di quello regalato dagli asfodeli.
La Scozia riesce a serrare i ranghi, il Galles è asfissiato, ancora presente ma fatalmente arretrante. I blu cercano la meta del bonus e Van der Merwe sfiora la tripletta. Il pallone viene schiacciato ma sul piede di un gallese.
È tutto: gli scozzesi mettono le mani su quattro punti, i gallesi su un doppio bonus. Trentasette minuti memorabili, da vedere e rivedere. Nello stadio che un tempo si chiamava Arms Park non è facile per nessuno, anche se la situazione è quella che è e i talenti volano verso le chimere del football americano. Ma con il talismano Gatland nulla è impossibile.