Parte il Sei Nazioni, l’Italia ha un nuovo ct, il molto referenziato Gonzalo Quesada, campione in campo e in panchina, al suo esordio alla guida di una nazionale. Il primo ct argentino dell’Italia. La domanda, però, al netto delle variabili, rimane la stessa: che cosa chiediamo, al nuovo allenatore azzurro? E soprattutto, che cosa si aspetta lui di ottenere?
In passato le risposte hanno svariato dal mistico al pragmatico – l’Italian way di Kirwan, l’espiritu di Berbizier, il minimo distacco possibile di Mallett, l’equilibre di Brunel, la luce in fondo al tunnel di O’Shea, la miglior Italia possibile di Crowley… – ma raramente si è usciti dal vago.
Evitando quindi il verificabile.
Quesada, a cui personalmente auguro tutto il successo del mondo (non è altruismo, è che ne abbiamo bisogno), ha comprensibilmente chiesto tempo, ma dubito che anche sotto tortura avrebbe fornito parametri precisi. Tanto vale allora sbilanciarsi in prima persona, rispondendo al quesito: «alla fine del prossimo Sei Nazioni saremmo contenti se…?»
1) l’Italia vincerà almeno una partita
2) Non ne perderà nessun match con uno scarto maggiore di 20 punti (14 in casa)
3) dimostrerà di aver trovato un proprio gioco che non sia né un ‘catenaccio’ duro e puro né lo spettacolare avventurismo di Crowley.
Ecco, il terzo punto rimane in qualche modo soggettivo, non sottoposto a una dogana numerica, ma insomma, le feste sono passate da poco e Quesada ha diritto alla sua Luna di Miele. Buon Sei Nazioni a tutti.