Don’t cry for me Argentina, è andata come doveva andare, la Nuova Zelanda prima finalista della Coppa del mondo France 2023, e l’Argentina dovrà contendere il terzo posto alla perdente di Inghilterra-Sudafrica. Va come molti si aspettavano ma è il modo che colpisce, il dominio assoluto che va oltre il 44 a 6 finale con cui gli All Blacks cancellano l’Argentina. Will Jordan segna tre mete e forse è la prima volta che accade in una semifinale, Richie Mo’Unga sbaglia quattro trasformazioni e forse anche questo per lui è un record (al contrario). Per il resto la squadra di Ian Foster gioca un rugby semplice e perfetto, accelerando quando è necessario, frenando gli avversari nei pochi sprazzi di gioco che gli argentini hanno a disposizione. “L’allenatore della difesa ha fatto un lavoro fenomenale la tecnica dei placcaggi individuale e il lavoro di chi non gioca per analizzare l’avversario e stato perfetto, tutto a contribuito a questi risultati. Ho detto la scorsa settimana che la migliore difesa vince il mondiale, lo confermo”, dice Sam Cane, capitano neozelandese.
Gomez Kodela, pilone argentino, aveva detto alla vigilia che l’unico modo di combattere poteva essere ancorarsi ai fondamentali. I Pumas non ci sono riusciti, sovrastati in touche e in mischia chiusa, deboli nei punti di incontro dove gli All Blacks hanno messo solo in rari casi più di un uomo. “Abbiamo perso la battaglia in mischia e nelle maul, siamo riusciti a difendere bene una o due fasi, ma a questo livello non può bastare”, dice Michael Cheika, capo allenatore degli argentini in un mélange di spagnolo, inglese, italiano e francese. “E’ stata una grande battaglia, mi è piaciuto il modo che abbiamo usato per affrontare gli avversari che sono un’ottima squadra”, dice Ian Foster, capo allenatore della Nuova Zelanda.
Poi certo ci sono anche i singoli che fanno la differenza, nel bene e nel male. Quando, e siamo nel secondo tempo, da mischia che sta arando gli avversari, la palla viene raccolta da Ardie Savea e data a Aaron Smith ci vuole il replay al ralenti per capire da dove sia passato il mediano di mischia per arrivare in meta con uno scatto dei suoi: con una veronica lascia sul posto il 9 argentino Bertranou e si invola fra mischia e difesa, step sull’estremo e tuffo oltre la linea. Nel male si distinguono gli argentini che non placcano o che non riescono mai a essere incisivi come ci si aspettava, Facundo Isa su tutti, molto atteso, fuori dopo poco per una ferita alla testa, rientrato senza mai farsi vedere.
Il resto sono lampi di genio e di perfezione: l’apertura di Mo’Unga sull’ala per la prima meta di Will Jordan; gli step di Rieko Ioane che lasciano immobili tre avversari e poi il dentro fuori che porta Jordie Barrett (player of the match, placcatore supremo) a fare meta in tuffo alla bandierina nonostante una spallata sulle caviglie; Telea che sfugge a cinque placcaggi argentini e alla fine palla a Frizell che segna quasi riluttante la sua prima meta (ne farà due); la segnatura di Will Jordan liberato da McKenzie dopo ripetuti attacchi sulla linea di meta; ancora Will Jordan che con un calcio a seguire per se stesso brucia tutti e va a segnare al 73’ l’ultima meta della partita con gli All Black in inferiorità numerica perché nel frattempo Scott Barrett si è preso il giallo.
L’Argentina ha un’impennata di orgoglio e negli ultimi 180 secondi cerca a la meta con ripetuti attacchi, ma l’ossigeno non c‘è più, il pallone casca e quasi non ci scappa un’altra meta per gli All Black. Sarebbe stata l’apoteosi della frustrazione Pumas. Augustin Creevy campione di tante battaglie diventa il giocatore più vecchio che abbia mai giocato una semifinale, i trentotto punti fra All Black e Argentina il maggior distacco di sempre in una semifinale dal Nuova Zelanda-Galles 49-6 del 1987. “Ora dobbiamo puntare al terzo posto nella finale di venerdì”, dice ancora Michael Cheika. E poi, nonostante il 44 a 6 subito ha da ridire sull’arbitraggio di Gardner mostrando piena tutta la sua frustrazione per un risultato che non si aspettava.
Nelle foto la disperazione degli argentini a fine gara, una delle mete di Will Jordan, gli argentini davanti alla Haka. (Foto di Michael Steele e Julian Finney World Rugby/World Rugby vía Getty Images)