Kieran Crowley porterà l’Italia al Mondiale dopo aver rimesso la chiesa al centro del villaggio, per usare una metafora cara all’allenatore del Napoli, Rudi Garcia.
42-21 al Giappone, 57-7 la settimana precedente alla Romania.
Il nostro villaggio è quello e non era così scontato che la chiesa azzurra svettasse in mezzo alle case avversarie.
Un anno fa, l’Italia faticò moltissimo con il Portogallo, perse con la Georgia a Batumi e a novembre 2021 vinse di un soffio, 17-10, con l’Uruguay a Parma.
Con l’Uruguay ce la vedremo tra qualche settimana a Nizza, al Mondiale. Nel frattempo abbiamo ripristinato ordini di grandezza e autorevolezza che fanno bene al morale.
Il Giappone non è più quello che preparava la Coppa del Mondo del 2019 e che l’anno precedente vinse con la formazione di Conor O’Shea a Oita (34-17), mentre gli Azzurri si imposero a Kobe 25-22, sette giorni dopo.
Tuttavia un vantaggio netto come quello del Monigo, sia pure maturato solo nei minuti finali, dice che la squadra di Crowley sta piano piano trovando consistenza e qualità contro le avversarie sue pari.
L’ultimo successo netto dell’Italia contro i “Cherry Blossoms” era quello del 2007, a St Vincent, in Val d’Aosta, 36-12, anche quella volta in preparazione a un Mondiale in Francia.
Azzurri e Giapponesi sono pesi medio-massimi le cui difficoltà emergono nette quando devono affrontare rivali di categoria e peso specifico nettamente superiori.
A Treviso l’Italia ha mostrato che, messa di fronte a una squadra che non la sovrasta per muscoli, intensità e capacità di esercitare pressione, il suo gioco può fluire a tratti anche in modo brillante.
Ioane si è confermato attaccante di qualità superiore e la mediana, con qualche frazione di tempo e spazio in più a disposizione rispetto al Sei Nazioni, ha orchestrato bene il gioco. Cosa che non sempre riesce a fare quando le difese avversarie sono feroci e aggressive.
A parità di peso e di ritmo, insomma, l’Italia se la può giocare anche se in attacco ci affidiamo spesso più alle qualità individuali (l’ultima meta di Ioane…) che a un sistema strutturato. Zuliani, quando è entrato si è confermato talento imprescindibile in terza linea. Discreto anche il gioco al piede con le diverse opzioni: il sinistro di Paolo Garbisi a 10, il destro di Allan a 15, Varney e Brex ulteriori alternative.
Il compito della critica però non è soltanto celebrare. Vediamo allora dove si deve ancora migliorare.
La linea arretrata conta al momento soltanto su due centri di ruolo: Morisi e Brex. Paolo Garbisi, eventualmente può indossare la maglia numero 12 e Paolo Odogwu, nelle parole di Crowley, può essere utilizzato anche nella posizione del numero 13.
Queste due possibilità tuttavia significano stravolgere una linea abbastanza collaudata: Odogwu centro esterno è una variante mai sperimenta in maglia azzurra.
In sostanza, quella vista contro il Giappone pare essere molto vicina alla formazione titolare dell’Italia al Mondiale: Allan estremo aggiunge solidità in una posizione delicata e le gambe di Capuozzo possono essere utilizzate anche all’ala, con Odogwu e Fusco (o Page-Relo) atleti multiruolo in panchina, specie se verrà utilizzate la formula 6+2..
Contro i giapponesi discreta la difesa, paziente e ben organizzata specialmente di fronte ad attacchi multifase, anche se in un paio di occasioni (la meta di Naikabula al 16’…) gli Azzurri si sono fatti cogliere di sorpresa.
Gli avanti non sono stati dominanti come avrebbero dovuto, in questa estate di preparazione alla Coppa del Mondo non abbiamo mai segnato da drive e spesso subiamo la spinta degli avversari.
Resta qualche perplessità sul 52% di possesso concesso alla squadra di Jamie Joseph (e 54% di territorio): contro avversari più forti e più attrezzati non sarà facile resistere a lungo sotto il medesimo volume di fuoco.
Nella foto, di Daniele Resini/Fotosportit, il volo di Monty Ioane per la sua seconda meta.