È inutile discutere se dobbiamo aspettarci una, due o tre vittorie dai test internazionali che si disputano nelle prossime settimane.
L’obiettivo, certo, è vincere, ma innanzitutto c’è da capire quando, come e dove.
La vittoria sul Galles ci aveva proiettato fiduciosi verso gli esami di fine anno, Portogallo, Romania e Georgia ci hanno rimandato a novembre: vittoria molto stentata con il Portogallo, discreto riscatto con la Romania, brutto tonfo con la Georgia. Lo scorso autunno, non avevamo fatto meglio con l’Uruguay, 17-10 a Parma.
Il primo punto all’ordine del giorno, pertanto, è mostrare basi solide nel match con Samoa.
Samoa può essere squadra imprevedibile, dotata di grande estro e enormi doti fisiche, Va domata con ordine e razionalità. Così come venne fatto ad Ascoli nel 2014 e con le Fiji a Catania nel 2017 (19-10), ma non con Tonga a Padova nel 2016, la settimana dopo il successo sul Sudafrica.
Samoa ha vinto una sola volta in Italia, a L’Aquila nel 2001, 17-9 e, storicamente, più il punteggio complessivo del match è stato alto, più i samoani ne hanno tratto vantaggio: 42-18 a East London, ai Mondiali del 1995, 43-24 nel 2000 ad Apia, 39-10 a Nelspruit nel 2013.
Come con le Fiji a Catania, l’obiettivo della formazione di Crowley deve essere il controllo del gioco: possesso, territorio, sicurezza nelle fasi statiche. Contro Samoa bisogna evitare assolutamente di farsi coinvolgere nelle montagne russe di una partita dissennata, che loro sono maestri nel giocare sull’improvvisazione, l’uno contro uno, il contrattacco rapido dalla profondità sfruttando i buchi di una difesa mal piazzata.
La stessa ricetta, accresciuta di qualche decibel di tono, andrà spesa con l’Australia. Che sarà pure parzialmente in crisi, ma possiede giocatori capaci in ogni momento di bucare la difesa di qualsiasi squadra. Ne sanno qualcosa gli All Blacks, che a Melbourne si erano visti rimontare un vantaggio di 18 punti prima del controverso finale.
Non bisogna dimenticare che la scorsa estate, nella Pacific Nations Cup, l’Australia A è stata battuta da Samoa a Sydney 26-31, quattro mete per gli australiani, cinque per i samoani, micidiali quando il gioco si apre.
Sulla carta i Wallabies non sono inarrivabili se affrontati con rigore collettivo. Samoa e Australia sono due squadre fuori dalla nostra portata per estro individuale: l’Italia dovrà dimostrare di aver compreso la lezione estiva e di non ripetere gli errori commessi contro Portogallo e Georgia.
Contro squadre classificate fra le prime quindici del Ranking (ossia senza contare Uruguay, Romania e Portogallo) gli Azzurri durante la gestione Crowley hanno segnato in media circa una meta a partita e ne hanno subite cinque.
È evidente che è da qui che bisogna partire, visto che in questo mese di novembre affronteremo tutte formazioni che ci precedono nella graduatoria mondiale. Difesa ordinata, fasi statiche solide, gioco al piede accurato, capacità di conservare il possesso e la lucidità anche sotto pressione. Se l’Italia ha maturato queste doti, è ora di mostrarle in mondovisione.
La partita con il Sudafrica è un discorso a parte, benché la trasferta di Genova, per gli Springboks, sia compressa tra due match difficilissimi: con la Francia e con l’Inghilterra a Twickenham.
Contro gli Azzurri, Nienaber e Erasmus potrebbero optare per far riposare qualche titolare. Ma è difficile pensare che il livello d’intensità dei sudafricani cali in assenza di qualche giocatore.
Il Sudafrica in questo momento è la squadra al numero tre del mondo e propone una sfida fisica difficilmente sostenibile per chiunque non abbia lo stesso peso specifico.
Kieran Crowley ha detto di puntare innanzitutto sulla prestazione, che non deve essere diversa in relazione all’avversario. Speriamo.
Nelle foto, di Steve Haag/Fotosportit, un attacco di Pieter Steph du Toit nell’ultimo match giocato dall’Italia col Sudafrica, alla Coppa del Mondo del 2019 in Giappone