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Alla vigilia della sfida tra Italia e Irlanda, sabato a Roma alle 15.15, gli irlandesi confrontano i numeri delle due squadre e si pongono qualche domanda.

Nelle prime due giornate gli Azzurri hanno messo a segno 3 mete e l’Irlanda 2; hanno completato più offload (12 vs 6) e bucato le difese avversarie 14 volte contro le sole 8 degli irlandesi.

Le statistiche chiamano in causa Mike Catt, voluto un anno fa da Andy Farrell per dare brio e dinamismo all’attacco dei verdi.

“Dopo 11 partite, non abbiamo ancora capito quale sia la sua filosofia di gioco”, scrive Cian Tracy sul Belfast Telegraph, aggiungendo che dopo la disastrosa uscita al primo turno dell’Inghilterra dalla Coppa del Mondo 2015 (Catt e Farrell facevano parte dello staff di Stuart Lancaster), l’ex giocatore di Bath e London Irish ha allenato solo l’Italia “una squadra che è andata indietro a passi da gigante…”.

L’articolo sottolinea il fatto che mentre il lavoro di Paul O’Connell e John Fogarty (fasi statiche) ha dato i risultati sperati, di quello di Catt non si vede l’ombra.

“Catt ha spiegato che il suo obiettivo è fare in modo che i giocatori imparino a leggere le situazioni in campo a seconda di quello che propone la difesa” scrive ancora Tracy che poi nota trattarsi di un concetto molto vago. “Ma alla fine allora – aggiunge – la colpa è dei giocatori o del sistema?”.

Altro punto chiave sotto osservazione è la scelta del mediano di apertura, contro la Francia, di giocare i palloni al piede anche quando il turn over offriva la possibilità di mettere in difficoltà la difesa avversaria con qualche idea più innovativa.

“Manchiamo di penetrazione in attacco”, sottolinea l’analisi irlandese che punta il dito anche sulla distribuzione degli avanti in campo: 1-3-3-1 contro il possibile 1-3-2-2 che offrirebbe chance di esplorare meglio i canali al largo.

Sono tutti aspetti che nei tre anni di Catt e O’Shea avevamo imparato, ahimè, a conoscere anche in Italia.

Nella foto di Daniele Resini/Fotosportit, Mike Catt quando allenava i trequarti dell’Italia.

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