E così gli All Blacks hanno perso: per la prima volta in 111 anni di storia contro l’Irlanda e per la prima volta dall’agosto del 2015, dopo 18 successi consecutivi. Ci può stare. I neozelandesi mediamente perdono una partita ogni 11. Stavolta ne avevano vinte 18 consecutive (record): non possono recriminare.
I segreti della vittoria dell’Irlanda, disciplina, pochi rischi e l’imprevedibilità (per fortuna) dello sport.
Gli All Blacks a Chicago (risultato finale per gli irlandesi 40-29) hanno corso palla in mano una distanza quasi quattro volte superiore a quella degli avversari (514 metri contro i 194 degli irlandesi) e superato 16 avversari diretti (11 quelli battuti dagli irlandesi) con 8 “buchi” in attacco, contro 5.
In pratica è successo, a ruoli invertiti, quello che era accaduto quindici giorni prima tra Nuova Zelanda e Australia: i Wallabies avevano corso di più, giocato di più, mosso più il pallone e avevano perso, vittime del cinismo degli avversari.
Stavolta i neozelandesi sono stati caduti nella stessa trappola con cui in passato avevano “cucinato” tutte le altre formazioni.
Come si spiega?
La spiegazione sta nel fatto che i numeri non dicono tutto: l’Irlanda ha avuto un percentuale di successo nei calci ai pali del 67%, la Nuova Zelanda dell’80%.
Gli irlandesi hanno mancato 16 placcaggi su 151 (89% positivi) e i Tuttineri ne hanno sbagliati 11 su 108 (90% di successo).
L’Irlanda ha calciato più del doppio (29-13): una tattica che spesso si rivela suicida perché espone una squadra ai micidiali contrattacchi dei Blacks.
Ma alla fine sul risultato pesano tre quattro fatti essenziali: nel primo tempo, in cui gli irlandesi hanno dominato possesso e territorio (67% in entrambe le statistiche) la squadra vincitrice ha messo a segno 25 punti a 8. Nel secondo, in cui i numeri si sono ribaltati (65% possesso e 70% territorio per la Nuova Zelanda) gli All Blacks ne hanno realizzati 21 contro 15. Si chiama efficienza, precisione, cinismo. Sabato, per una volta, sono state tutte a vantaggio dell’Irlanda. Esattamente quello che in passato aveva premiato i campioni del mondo contro tutti gli avversari. Metteteci qualche pasticcio di troppo: gli All Blacks hanno concesso 17 turnover contro 14 e 12 calci di punizione contro 4. In più hanno subito un cartellino giallo: quello di Moody al settimo minuto. In sua assenza i neozelandesi hanno concesso12 punti. Guarda caso quelli che hanno alla fine hanno fatto la differenza.
Mancavano Whitelock e Retallick, Dagg e Lienert – Brown, Crotty e Moala si sono fatti male durante il match. Anche gli All Blacks sono umani.
Potrà l’Italia approfittarne? Non certo facendo tesoro di un evento irripetibile.
Da copiare: il gioco al piede irlandese: Murray, Sexton e l’esordiente Carbery hanno orchestrato il gioco senza inutili svolazzi. Maul e ruck sono state solide ed efficaci. Idem la touche e la mischia dei vincitori, Ma non esiste tattica al mondo che ti insegni a trarre vantaggio di tutte le occasioni che hai a disposizione: cinque mete gli All Blacks non le subivano del 2000 (allora furono 6, 46-40 per il Sudafrica).
Lo sport è fatto di bravura, presenza fisica, efficacia nel punto di incontro. Per una volta la Nuova Zelanda è inciampata. Non si ripeterà tanto facilmente