Come è noto, tra Inghilterra e Galles non corre buon sangue e di recente sul Telegraph è venuta alla luce la lista dei 10 paesi che guardano gli inglesi con, diciamo così, antipatia: primo è il Galles, anche davanti alla Scozia che con quelli che stanno a sud del border ha avuto mezzo millennio di
dialettica, dibattuta a colpi di spadone e di moschetto, cosparsa di squartamenti (vedi alla voce William Wallace) e scontro sanguinosi e senza quartiere (vedi alla voce Bannockburn e Culloden More).
Con il confronto diretto e decisivo che si avvicina rapidamente e con quell’ultimo faccia a faccia – rovinoso per la Rosa – ospitato sei mesi fa
dal prato di Twickenham, la rivalità più che profonda si fa incandescente, scandita dalle barzellette che gli inglesi raccontano sui gallesi (simili a
quelli che gli italiani raccontano sui carabinieri e i francesi sui belgi) e dalla celebre orazione pre-partita di Phil Bennett degna di quella di Enrico
V nel giorno dei santi Crispino e Crispiano: “Guardate cosa hanno fatto quei bastardi con il Galles: si sono presi il carbone, l’acqua, l’acciaio, comprano le nostre case per abitarci qualche giorno l’anno. Siamo stati spogliati, violentati, controllati, puniti dagli inglesi e oggi pomeriggio giochiamo contro di loro”.
L’ultimo contributo viene da Dudley Wood, sino all’avvento del professionismo segretario della Rfu: “The relationship between the Welsh and the English is based on trust and understanding: they don’t trust us and we don’t understand them”. Tradotto: la relazione tra gallesi e inglesi è basata sulla fiducia e la comprensione: loro non hanno fiducia in noi e noi non comprendiamo loro”. Tutto chiaro, si può andare a cominciare.
G. Cim.
nella foto di Shaun Botterill/Getty Images, una carica di Faletau durante il match di qualificazione, vinto dal Galles, ai Mondiali lo scorso settembre.