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Dewaldt Duvenage è stato uno dei giocatori chiave della stagione del Treviso.
E non nasconde le sue ambizioni, con qualche pensiero anche al domani.
di Federico Meda
Il quasi trentunenne metronomo della Benetton 2018/19 è nato in un sobborgo di Città del Capo, Bellville, il cui nome deriva da un araldista scozzese, Charles Davidson Bell, ottocentesco Surveyor-General della colonia di Cape Town, quella che i commercianti olandesi avevano ribattezzato, due secoli prima, Kaap de Goede Hoop. Bell studiò alla St Andrews University di Fife, il cui rugby club è tra i più antichi del mondo e diede ben tre giocatori alla causa della prima disfida internazionale di palla ovale, l’1-0 tra scozzesi e inglesi datato 27 marzo 1871. Dewaldt Duvenage, che alla Ghirada chiamano tutti affettuosamente Dedè, non ha avi scozzesi ma ha studiato in un altrettanto prestigioso ginnasio, quello di Paarl, capace di sfornare gente come Schalk Burger, Jean De Villiers, Marius Joubert, Handré Pollard e situato proprio nella regione di Cape Winelands, meglio conosciuta come Boland, tra i più famosi terroir locali. Vino e rugby, due passioni che Dewaldt si porta nel sangue durante la trafila che lo vede passare dai Boland Cavaliers agli Stormers, franchigia del Super Rugby che fa capo ai Die Streeptruie, “quelli delle maglie a strisce”, ovvero Western Province. I risultati in blu e bianco sono buoni ma non stupisce vederlo approdare nel 2013 a Perpignan, capitale del Midi e dei Vin de Pays d’Oc, con le sue appellations celebri Rossiglione e Linguadoca. In Francia, tra Top14 e ProD2, Dewaldt rimarrà tre anni prima di tornare agli Stormers, dove cercherà di conquistare un posto in Nazionale. Si dovrà accontenterà di un paio di cap con la A che si sommano ai quattro in giovanile datati 2008. Poi, è storia recente, l’approdo a Treviso, epicentro della produzione di Prosecco e capoluogo di provincia della seconda regione per produzione di vino dopo la Puglia. Sarà un caso? Forse no se a margine dell’intervista non nasconde le sue ambizioni da businessman vitivinicolo: “Vengo da una regione in cui il vino è ottimo, perché non pensare a qualche iniziativa di import export?”. Stupiti? Con Dedè non è difficile esserlo: quanti giocatori trovate alla sua età con un patentino da allenatore di secondo livello e una laurea in legge? “Mi piacerebbe rimanere nel rugby ma è meglio avere delle alternative. Con mia moglie abbiamo un’agenzia di recruitment in Sudafrica che si occupa di trovare baby sitters, autisti, un po’ tutte le professionalità che possono servire a chi ha bambini piccoli”. Per sua stessa ammissione, a Duvenage piace fare affari ma al momento la priorità è la famiglia (ha una figlia di pochi mesi) e poi, ovviamente, il Benetton: “Non sono qui da molto però mi sono inserito molto bene. C’è una bella atmosfera qui a Treviso, la gente mi piace, è affettuosa. Ho fatto il primo mese da solo poi mi ha raggiunto la famiglia. La città si sta rivelando molto family oriented, non potevamo chiedere di meglio”. Gli Stormers non avevano intenzione di privarsi del “most capped scrum half” della franchigia, un mancino capace di prendersi responsabilità in piazzola (suo il calcio decisivo in una storica rimonta a Auckland, contro i Blues), dall’ottima visione di gioco, intraprendente in attacco e solidissimo in difesa. “Sentivo che dovevo cambiare dopo così tante stagioni nel Super Rugby. L’esperienza con il Perpignan era stata molto positiva e quando ho saputo dell’interesse di Treviso ho subito chiamato i due Tommaso, Allan e Benvenuti, con cui ho giocato in Francia. Ho parlato con Kieran (Crowley, ndr) e con altri sudafricani che sono stati da voi in passato. E poi con Marius Goosen, certamente. Mi è piaciuto subito il progetto, l’ambizione, il mindset del club. Era esattamente quello che volevo e avevo bisogno. E la città, in sede preliminare, sembrava un’opzione perfetta per me e la famiglia”.
Altrettanto tu per Treviso, a quanto pare.
“Forse. A me piace l’atteggiamento ‘quick ball-quick game’ del Benetton. Mi sono trovato bene in questo sistema messo a punto dallo staff. Poi, avere una back-line di qualità e un pack dominante rende tutto più facile per me. È una grande esperienza quella che stiamo vivendo.”
Hai sempre detto che gli anni in Francia ti hanno rinfrancato, il “jouez jouez” ti ha riportato al rugby “situazionale” della tua giovinezza.
“Assolutamente sì. Giocare seguendo l’intuito è uno dei principi del rugby e ti permette di non essere schiavo di troppe strutture. Comunque Perpignan è stata una parentesi molto interessante anche a livello umano. Posto nuovo, club nuovo, una lingua diversa: ero completamente fuori dalla mia comfort zone.”
Perché hai scelto l’Italia per tornare in Europa?
Nel Top14 si attacca e basta. Una grande mischia e tanto gioco alla mano. In Inghilterra trovo il gioco eccessivamente tattico. Il Pro14 è una via di mezzo interessante e la difesa è un fondamentale molto importante. Mi piace l’atteggiamento che questo torneo ha verso le ruck, la cura dedicata al breakdown. È una bella sfida giocare con le irlandesi, le scozzesi, le gallesi, perché significa misurarsi con chi ha il predominio in Europa e occupa i primi posti nel ranking mondiale. Trovo l’esperienza qui più completa.”
Qual’è la squadra che ritieni più forte e favorita per la vittoria finale?
“Leinster, senza dubbio. È il benchmark per tutte le altre. Giocano davvero in maniera differente, con tante varianti.”
Treviso?
“Mi piace la nostra libertà di gioco. A volte giochiamo nello spazio, spesso lo esploriamo dietro la linea al piede. Siamo in grado di giocare diversi stili di rugby in base a chi e cosa ci troviamo davanti. E la nostra consistenza nell’ultimo quarto di gioco è molto buona.”
Le tre partite che ti sono piaciute di più o che sono state fondamentali per la squadra da quando sei arrivato?
“Non ero coinvolto ma la partita vinta contro Cardiff all’ultimo secondo per il calcio dai cinque di Tommaso [Allan] penso sia stato il primo tassello. Un altro match importante quello contro gli Harlequins in casa, con la meta di Monty [Ioane] all’ultimo minuto. E poi il pareggio, che poi non doveva essere tale, con l’Ulster a Belfast. In queste gare abbiamo dimostrato tre cose: il saper reagire, che non è scontato ed è qualcosa che appartiene solo ai grandi gruppi; alcuni di noi si sono tolti gli ultimi dubbi sulla nostra effettiva consistenza; non essere più sorpresi se si rischia di vincere su campi come Ravenhill.”
Il gruppo sembra fare la differenza, da due stagioni a questa parte, ma anche la qualità dei giocatori. Acquisti mirati, giovani interessanti.
“Abbiamo dei grandissimi talenti in rosa. Anche solo per rimanere alla mia posizione, io sono rimasto davvero sorpreso di trovare tanta qualità negli altri mediani di mischia. Gori, Bronzini, Tito: hanno un work-rate pazzesco, sono davvero professionali. E questa competizione interna mi ha fatto molto bene. Sono veramente contento di poter condividere la mia esperienza.”
Per Crowley sei tu la prima scelta, sai spiegarci perché?
“Dovreste chiederlo a lui. Forse la pensiamo allo stesso modo a livello di gioco.”
Vedendo i risultati della Nazionale, sembra che le belle notizie rimangano confinate a Treviso e, in rare giornate, alle Zebre. Hai una spiegazione?
“Penso si debba solo aspettare perché anche Treviso ha fatto un percorso simile. Comunque noi, o meglio voi, amate questa underdog tag, questa etichetta da outsider. Ma non dobbiamo essere stupiti dei risultati quando sono buoni.”
Dobbiamo sognare in grande?
“Bisogna pianificare di vincere per essere preparati a farlo. Noi, a Treviso, possiamo contare su un intero staff tecnico che ha grande esperienza. La mentalità è pronta, come dire. Gli altri club ci temono per la nostra fisicità. Tutto sta a non arretrare adesso. Io voglio arrivare fino in fondo. Io voglio vincere il Pro14.”
Dewaldt Otto Duvenage è nato a Bellville il 22 maggio 1988. Nella sua carriera ha disputato oltre 90 partite di Super Rugby con gli Stormers e quasi ottanta di Currie Cup con i Boland Cavalers e Western Province, in Francia ha disputato una ventina di partite di Top14 con il Perpignan. È alla sua prima stagione a Treviso.

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