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Il nuovo ct del Sudafrica è Allister Coetzee, nome da scozzese, cognome da boero, pelle da africano. Ha cominciato a giocare da bambino ed è probabile fosse sulle gradinate di Port Elisabeth quando nel ’73 l’Italia giocò contro la nazionale nera, i Leopards. In un Sudafrica immerso nell’apartheid, ha avuto la fortuna di giocare, da mediano di mischia, nella Eastern Province Union (Swallows, Harlequins, Wallabies) dove non si facevano differenze di razza: un raggio di sole nell’oscurità.
Da coach ha scoperto Siya Kolisi, Nizaam Carr (uno dei rari esempi di giocatore proveniente dalla comunità indiana ), Scarra Ntubeni e Chesln Kolbe, ma ha anche lanciato Eben Etzebeth e Frans Malherbe. Da allenatore degli Stormers è riuscito a realizzare l’obiettivo finale del nuovo Sudafrica, il bilanciamento delle razze: 11 neri e 12 bianchi.
Harold Wilson, per una vita il suo presidente, ha detto che “Allister ha avuto a che fare con le tensioni che hanno agitato il paese, ma  è pronto a fare qualcosa di rivoluzionario. Con lui le attitudini avranno la meglio sul colore della pelle”. Per Steve Hansen, uno che parla sempre chiaro, “un compito difficile quando si ha a che fare con il sistema delle quote, uno dei modi con cui il Sudafrica ha deciso di fare i conti con il proprio passato. Per noi neozelandesi è difficile da comprendere”.
La marcia verso il 2019 è cominciata e qualcuno, laggiù, dice che con Coetzee il rugby sudafricano lascerà l’età dei dinosauri.Che il Madiba gli dia una mano.
G. Cim.

Nella foto di Gianluigi Guercia/Getty Images, il nuovo allenatore del Sudafrica

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